Alberto Cecere, da play tascabile a custode della storia del basket
Il regista “tascabile” in gioventù si è trasformato in un collezionista di straordinari cimeli destinati a mantenere vivi i valori della tradizione attorno alla pallacanestro, alimentandone la passione
Ricordate Francesco “Chicco” Fischetto? Il play brindisino del 1961, dodici stagioni tra A1 e A2, secondo tutte le guide sarebbe stato alto 1.72: avendolo avuto come giocatore a Desio nel 1992-93 quando ero il vice di Sergio Scariolo, ho sempre avuto il sospetto che fosse qualche centimetro più basso, probabilmente poco meno il metro e settanta che poi è la vera statura di Alberto Cecere.
Già, Cecere, classe 1958, come giocatore, valeva Fischetto. Questo senza nulla togliere a Francesco che si è meritato una carriera da professionista e anche una presenza in Nazionale nel 1985 con Valerio Bianchini in panchina. Alberto invece non ha avuto molta fortuna perché a Udine, dove è cresciuto cestisticamente, i suoi coetanei dal 1957 al 1959 erano fortissimi. Al punto che nel 1976 con Flavio Presacco in panchina vinsero a Bra il titolo italiano juniores. In quella squadra giocavano Andreani, Ezio Riva, Giampiero Savio, Luzzi Conti e Paolo Pressacco: 5 giocatori che avrebbero avuto una buona carriera da professionisti.
Per la verità nell’autunno del 1982, Claudio Bardini, allenatore della Lebole Mestre in A1, aveva dato una opportunità ad Alberto (giocatore che disputava il campionato Promozione) in una partita di Coppa Italia, proprio contro Udine. Ma poi Cecere tornò a giocare in Promozione. E pur valendo per personalità, talento e ball handling Fischetto, i 2 hanno avuto carriere molto diverse: uno come professionista, l’altro in banca. Ma il mio amico Alberto aveva una caratteristica: amava questo gioco come pochi, forse come nessuno. E così a 25 anni circa ha iniziato a collezionare cimeli di pallacanestro: di ogni genere, da ogni parte del mondo. Ha investito non poche lire prima e tanti euro dopo. Il tutto rivestito da un amore che non ha eguali. Anch’io facevo parte di quella “banda udinese” di entusiasti del basket: frequentavo i medesimi campetti di basket di parrocchie e oratori e ho giocato tante volte con lui e contro di lui. Poi le nostre strade si sono divise: Alberto è rimasto a Udine a lavorare in banca, io ho iniziato una lunga carriera dentro il mondo del basket: ho giocato, allenato, fondato siti, realizzato pubblicazioni sui giocatori e negli ultimi 4 anni ho riportato in vita le riviste Superbasket, Giganti del Basket e American Superbasket. E subito dopo aver rilevato dal fallimento queste 3 testate storiche del basket italiano ho contattato Alberto: è stato naturale cominciare una collaborazione alla base della quale c’è tutta la nostra passione per questo sport. Questo numero speciale di Giganti è solo un esempio del nostro potenziale. Lascio a Franco Arturi, qui accanto, approfondire il senso anche culturale dell’operazione: personalmente, a Cecere e ai suoi cimeli porto in dote 3 marchi storici, 150.000 pagine di storia della pallacanestro dal 1966 al 2012, circa 500.000 tra foto e diapositive.
A circa 40 anni dai giorni delle nostre partitelle sui campetti di Udine posso dire senza dubbio che Alberto, il proprietario dei memorabilia che potrete ammirare nelle pagine di questo numero speciale di Giganti, è una delle persone più innamorate di questo nostro sport. Non è un gigante in fatto di centimetri ma ha realizzato qualcosa di straordinario e di unico. Spero davvero che queste 116 pagine trasmettano ad ognuno di voi le emozioni che scaturiscono dalle imprese dei proprietari di quegli oggetti magici. E se tra voi vi fosse qualcuno interessato ad organizzare presentazioni o eventi di basket, non esitate a contattarmi. Il nostro obiettivo è quello di mostrare, dal vivo e al numero maggiore possibile di appassionati di pallacanestro questi cimeli unici al mondo.
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Giganti # 6 (ottobre 2018) | Pagina 4