Cultura allo stato puro
Le pagine che state per sfogliare sono uno “stargate” su un passato attuale, emozionante, suggestivo. Comprenderlo significa vivere, e giocare, meglio
Nella sconfinata schiera di aforismi sulla storia, ce n’è uno che mi pare particolarmente geniale. E’ del filosofo tedesco Arthur Schopenhauer: “La storia è la continuazione della zoologia”. Sette parole soltanto per aprire un mondo di riflessioni e affacciarci su un abisso: l’ipotesi di un’umanità che regredisca ad uno stato animale se dimentica il suo percorso. Concetti troppo elevati per la materia di cui è fatto questo spettacolare numero speciale dei Giganti? Non direi: nel nostro piccolo, dalla prospettiva della passione per il basket e la sua narrativa, ci troviamo di fronte alle stesse tematiche: senza uno sguardo d’assieme su ciò che abbiamo alle spalle, non possiamo avere la comprensione esatta di quello che accade oggi.
E badate che non mi riferisco solo ai ritorni di fiamma e delle mode ricorrenti, anche tecniche, tipo il tiro in elevazione del dio dei giorni nostri, Steph Curry, che veniva insegnato alle nostre ragazze all’inizio degli anni '70 e che tutti avevano da tempo dimenticato per la tumultuosa, e si pensava definitiva, avanzata della “sospensione”. E nemmeno di movimenti antichi come il passo e tiro o certe difese, già molto in voga negli anni '60 e che ora vengono riproposte come nuove. No, parlo proprio dello sviluppo degli eventi nel loro complesso, l’unica ragione, a ben pensarci, del perché siamo qui e ora.
Naturalmente c’è un bel filone di pensatori che della storia non sanno che farsene perché ritengono che non ci possa insegnare nulla, nel senso che tendiamo a ripetere sempre gli stessi errori, magari su più larga scala. Ma diciamo che si tratta di una minoranza, sia pure rumorosa. I più, e noi con loro, ritengono che la conoscenza dell’evoluzione di un’idea, di una nazione, nel nostro caso di un gioco-sport contengono al loro interno dei fari accesi sul presente. Tutto ciò cozza con il giovanilismo tipico dello sport, e del dinamicissimo basket in particolare: consumarsi nell’oggi, senza farsi domande o accendere curiosità. Potrebbe essere molto deludente, per esempio, fare un test agli attuali azzurri sulle squadre e i giocatori venuti prima di loro: chi erano, come vincevano e perdevano, come correvano e tiravano. Temo che ne avremmo un esito peggiore del prevedibile.
Eppure, tutte le volte che una storia viene proposta e raccontata con la giusta professionalità, non vedo mai un giovane rifiutarla: al contrario è frequente un immediato senso di vicinanza e spesso l’accendersi di una passione. Il problema è rendere accessibile questo patrimonio che abbiamo ereditato da chi ha amato prima di noi uno sport che ha già 127 anni di vita. Libri, ok. Oggi anche filmati, e tanti. Ma nulla ha più potere evocativo e di suggestione di un oggetto, di una maglia, di un polsino che è appartenuto ad un eroe del basket di ieri. Basta imbattersi in una seria raccolta di memorabilia per riscontrare un pizzico di curiosità allo stato nascente, misto a un po’ di ammissione d’ignoranza: “Caspita come potevo non conoscere questa storia?”. Si comincia raccogliendo dei pins e si finisce per ragionare di filosofia: la strada è inevitabilmente questa. Provare per credere. Alberto Cecere, esploratore e guida in questa ricerca del tempo perduto cestistico, ne è prezioso testimone. Gli dobbiamo una gratitudine particolare.
Chi ha qualche decennio in più di basket negli occhi ha il dovere di aprirli all’ultima, frettolosa generazione. E se si presenta con strumenti come quelli che vedete esposti nelle prossime pagine, il suo successo di trasmettitore di esperienze e di favole sarà garantito. Il “come eravamo” dovrebbe far parte di un modulo-tipo di allenamenti. Ogni tanto le noiosissime (anche se necessarie, mi rendo conto) sessioni video dovrebbero contenere qualche spunto “antico”: l’attenzione si risveglierebbe di colpo, magari partendo da un po’ di ilarità, per approdare quasi subito all’ammirazione. Quando si apre uno “stargate” sui tempi e i personaggi andati, si scopre inevitabilmente che essi sono clamorosamente più vicini, vivi e interessanti di quanto avessimo pensato. Questo non è feticismo, ma cultura allo stato puro, per chi non se ne fosse accorto.
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Giganti # 6 (ottobre 2018) | Pagina 5