“Indimenticabili quei piegamenti”

“Indimenticabili quei piegamenti”

Devo molto a Messina: dall’esordio in Serie A a un’infinità di consigli. E tanti utili rimproveri, compresa quella volta dopo un layup sbagliato... 

L’ultima volta che ci siamo incrociati, noi di Atlanta abbiamo fatto uno scherzetto agli Spurs di coach Messina: una vittoria a sorpresa che al nostro gruppo ha giovato molto. Lo sport è questo, naturalmente. Con Ettore ci siamo salutati con l’affetto di sempre: fra noi negli anni si è instaurato un grandissimo rapporto. Anzi, in quell’occasione mi ha portato espressamente una foto-poster trovata a San Antonio e che mi ritrae insieme a Popovich: un bel pensiero.

La prima volta che ne ho sentito parlare ero un ragazzino appena entrato nel vivaio della Virtus: lui era già accompagnato dalla meritata fama di grande allenatore. Sapevo che era un tecnico duro, che non guardava in faccia a nessuno. A quel tempo noi ragazzi ci allenavamo dopo la Serie A e nell’attesa del nostro turno, dagli spogliatoi sentivamo molto bene le urla e le lavate di capo che ogni tanto piovevano sulle teste dei giocatori, già campioni fatti e finiti. Vivevamo nel terrore che potesse toccare in qualche occasione a noi. E in effetti è accaduto puntualmente anche a me, come a tutti. Tanto per chiarire subito, a Messina devo moltissimo: è lui che mi ha fatto esordire in Serie A a 18 anni. Mi era molto chiaro che i suoi interventi, anche quelli che sembravano a prima vista tosti, erano tutti finalizzati alla nostra crescita. Indimenticabile per me la volta che sbagliai un layup per concludere un tre contro zero: per svegliarmi dal torpore fui spedito a fare non so quanti piegamenti di fronte a tutta la squadra. Un momento che ho ancora stampato negli occhi.

In realtà in quella primissima fase del mio percorso siamo stati insieme poco perché le rispettive carriere hanno preso altre strade. Ci siamo ritrovati molti anni dopo a San Antonio e in Nazionale. In Texas fu speciale, anche perché si è ricostituito un triangolo virtussino, che comprendeva anche Manu Ginobili. Mi ricordo di un’occasione particolare quando io e il coach ci siamo trovati per vedere, dall’altra parte dell’oceano, il derby di Bologna che era trasmesso da Sky: gran divertimento, e non vi dico altro. Messina è una persona colta e speciale anche fuori dal campo: con lui si può parlare di tutto, ben oltre il basket. A cena passiamo dei bei momenti, chiacchierando del passato e dell’oggi.

Sul piano tecnico mi ha insegnato molto, forte di una credibilità che ai miei occhi è sempre stata di granito: del resto aveva allenato e fatto crescere un’infinità di campioni. Non vi faccio l’elenco, li conoscete tutti. Ascoltavo e ascolto con la massima attenzione le sue indicazioni: eliminare forzature in attacco, selezionare i tiri, muoversi in difesa in un certo modo. Tanti miei miglioramenti derivano dalle sue lezioni. Per questo, quando è tornato a guidare la Nazionale, io e i miei compagni sapevamo che cosa attenderci. Soprattutto nella seconda estate, la sua impronta sulla squadra è stata fortissima, frutto di un lavoro incredibile. Ci ha fatto giocare bene, a testa altissima. Mi è dispiaciuto da morire apprendere che non avrebbe potuto proseguire nel suo incarico di ct. È un grande

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Giganti # 4 (febbraio 2018) | Pagina 17

Marco Belinelli

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