L’amico che ti spinge a migliorare sempre
Conosco Sergio Scariolo da oltre un quarto di secolo. Io giocavo già al Baskonia, lui vi arrivò per allenarlo nel 1997. Ho giocato a lungo per lui a Vitoria, a Malaga, al Khimki Mosca, e soprattutto in Nazionale, ho visto da vicino buona parte del suo percorso tecnico, ho attraversato con lui vittorie - molte, fortunatamente - e sconfitte - qualcuna - ma soprattutto ho conosciuto a fondo il professionista e l’uomo. Ovviamente tra noi si è instaurata una solida amicizia, ma questo è un aspetto che va messo da parte, quando io gli parlo da presidente della Federazione spagnola e lui mi risponde da allenatore della Selección. E quando mi chiedono com’è oggi lavorare con Scariolo, rispondo che per me è molto comodo. Cosa potrei chiedere di più? Abbiamo la fortuna di avere con noi il miglior allenatore possibile per il nostro progetto, un tecnico esperto e capace (lo dicono i risultati) ma sempre esigente, che non si siede mai, si confronta apertamente, e spinge sempre tutti quelli che ha attorno a dare il massimo e migliorare. Che sia un club o una federazione, due mondi completamente diversi tra loro.
Vittorie, medaglie, grandi giocatori, sembra che sia tutto facile, ma vi assicuro che facile non è. C’è dietro un lavoro di anni. Staff tecnico, programmazione, calendari, attività delle giovanili, monitoraggio di un enorme numero di giocatori sparsi non solo in ogni angolo della Spagna, ma del mondo. C’è un momento preciso che ricordo nitidamente, che per me è stato decisivo. Era settembre del 2016, io ero stato appena eletto alla presidenza della FEB, per la nostra nazionale c’era da ripartire con un nuovo ciclo, dopo le Olimpiadi di Rio. Venne Sergio nel mio ufficio, il suo contratto era in scadenza, il futuro un grande punto interrogativo. Gli chiesi allora di fare un favore non a me, ma al basket spagnolo. Disse di sì, e non dimenticherò quel giorno: tutte le grandi vittorie degli anni successivi nascono da lì.
Al di là dei risultati mai un problema, e fiducia totale, in lui e nelle persone che si è scelto come collaboratori. Ricordo che dall’esterno c’era perplessità, anche qui abbiamo i critici a prescindere, i social che alimentano polemiche inesistenti. E non mancano quelli che chiedono come faccia Sergio ad essere sempre aggiornato su tutto, stando spesso lontano. In risposta, ricordo quella volta che mi chiamò da Toronto a mezzanotte per parlarmi di un quindicenne di Madrid da seguire con attenzione, un ragazzo che io non conoscevo, e mi venne da pensare: come fa a saperlo lui, che sta in Canada, ed io no?
A proposito dei Toronto Raptors, realtà che anch’io ho vissuto, mi viene in mente che Sergio assieme ai tantissimi titoli collezionati con i club europei e con la nazionale spagnola, ha anche vinto un titolo NBA. Da assistente, ma sono assolutamente certo che lui sarebbe perfettamente in grado di fare il capoallenatore anche di là dell’Oceano. E un domani chissà: in questo basket che cambia continuamente, ciò che sarà domani ce lo dirà solo il tempo.
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Giganti # 11 (maggio 2023) | Pagina 70