Fra “Mar e Tera” sfreccia il futuro
Venezia è da sempre la città delle opportunità da saper cogliere. Con questo spirito Brugnaro ha fondato Umana, oggi holding di 23 aziende, 25 mila dipendenti e 720 milioni di fatturato (dati 2019). La sfida di Confindustria, il concetto di imprenditore-eroe, il “manifesto delle città metropolitane italiane”, l’enorme potenzialità di Porto Marghera, il salone nautico
La pattuglia delle Frecce Tricolori sorvola l’Arsenale di Venezia inaugurando il Salone Nautico di Venezia. E’ il 19 giugno 2019. La bellezza di questo spettacolo, la scena naturale della città storica, toglie il fiato. Una manifestazione fortemente voluta dal sindaco di Venezia Luigi Brugnaro e già finanziata dall’Amministrazione comunale per i prossimi anni lanciando un segnale chiaro agli investitori affinché sappiano che Venezia è tornata a rivendicare il suo ruolo di regina dei mari, mostrando a tutta Italia le sue capacità nell’innovazione, nel design, nell’artigianato e nell’industria nautica, navale e non solo. Le Frecce, il loro volo sulla città, la presenza delle massime cariche istituzionali nazionali in un Arsenale rinnovato e aperto alla cittadinanza sono un segnale chiaro. Un simbolo. Abbiamo voluto partire da qui, dalla fine, per raccontare la storia recente di una Venezia che si sta trasformando, che si rigenera, e che ha intrapreso un percorso virtuoso. Un nuovo inizio.
Ma facciamo qualche passo indietro. “L’imprenditore? Un eroe, perché produce ricchezza e posti di lavoro per l’intera comunità”. Furono le prime dichiarazioni di Luigi Brugnaro da neopresidente di Confindustria. Era il 2009. Le cronache economiche nazionali erano bollettini di guerra. Il 2009 fu descritto come l’inizio di una delle più importanti crisi economiche della storia del Paese. Decine, centinaia le aziende, e non solo veneziane, una dopo l’altra, costrette a portare i libri in tribunale e ad abbassar serrande. Un’onda anomala, uno tsunami, capace di spazzare vie intere filiere produttive. Di quell’onda anomala ancora stiamo contando i danni. Per fare impresa, per fare l’imprenditore, allora, come diceva Brugnaro, bisognava aver il coraggio degli eroi. In quegli anni il pragmatismo e il decisionismo del nuovo Presidente permisero a Confindustria Venezia di trovare nuovo entusiasmo e soprattutto iniziò quel percorso per riportare la città all’interno di un percorso di innovazione e internazionalizzazione necessario. Ritrovare quel coraggio che aveva contraddistinto la Serenissima a livello mondiale non era più un’azione rinviabile. Fin da subito Confindustria Venezia si fece principale protagonista della stesura di quel “Manifesto delle città metropolitane italiane” nel quale si sottolineava l’importanza, all’interno di un mondo sempre più globalizzato, di guardare alle Città metropolitane come una risorsa per poter realizzare gli interventi davvero incisivi per la competitività del territorio. Per attrarre investimenti, per favorire lo sviluppo di aree produttive, per costruire poli tecnologici o anche, semplicemente, per efficientare l’utilizzo dei fondi europei.
Nell’idea di Confindustria guidata da Brugnaro, la città doveva ritornare ad essere fulcro degli scambi commerciali, delle rotte con il resto del mondo e luogo di eccellenza per i settori più strategici dell’industria italiana. Per Venezia doveva e poteva passare la “chimica green”, il manifatturiero, la logistica, i trasporti e il terziario avanzato dell’intero Paese, puntando soprattutto sull’enorme potenzialità di Porto Marghera.
Nulla di nuovo in verità: Venezia è sempre stata una realtà industriale. Lo era con il suo Arsenale (la prima, vera fabbrica a ciclo continuo e chiuso, fordista prima di Ford), lo fu nell’Ottocento quando le sue fabbriche portavano sulle insegne nomi stranieri, da Neville a Stucky, da Junghans a Layet e a Rotschild. E lo fu ancor di più all’inizio del secolo scorso, quando si affermò una nuova classe dirigente, quella dei Foscari, di Giuseppe Volpi, ai quali si aggiungeranno Achille Gaggia, Ruggero Revedin, Nicolò Papadopoli e, più tardi, Vittorio Cini. Era l’idea della Grande Venezia.
Di quella Venezia che di Marghera faceva il baricentro commerciale, industriale ed economico e della città storica l’asse turistico-culturale. Entrambe con una rilevantissima caratura nazionale. Tutto in quegli anni si teneva. Il favore di un’amministrazione comunale vicina, una classe imprenditoriale e dirigenziale di livello, un cotè culturale di rilievo capace di reinventare e innovare anche la più polverosa offerta culturale cittadina (in quegli anni, 1902, si inaugura la Galleria d‘arte moderna a Ca’ Pesaro, acquisita dal comune dal lascito di Felicita Bevilacqua, vedova La Masa; più tardi nasce e rinasce la Biennale, il Festival del Teatro, della Musica, la Mostra del Cinema; al Lido Volpi ottiene da Roma perfino la concessione per il Casinò).
E adesso, com’è Venezia per chi vuole investire?
"Fare impresa, ancora oggi, resta difficile. Ci vuole coraggio e stoffa, soprattutto dopo un sisma economico di tale portata. Ma i segnali che arrivano da Venezia sono confortanti. Qualcuno intravede in questo momento storico, cent’anni dopo, lo stesso allineamento istituzionale, economico-industriale prodromo alla Grande Venezia di Volpi e Foscari.
E, parlandoci chiaro, probabilmente non è un caso che proprio in questo stesso momento storico alla guida della città ci sia un sindaco imprenditore.
E poi Venezia città delle istituzioni e laboratorio della politica, polis e civitas. Stanno arrivando in questi mesi i frutti di un inedito dialogo fra Venezia e le massime istituzioni nazionali come la Presidenza della Repubblica e la Presidenza del Consiglio dei Ministri, un feeling che ha permesso la nascita di intese e accordi strategici per il futuro del territorio e per la sua tutela, prima impensabili. Uno stretto rapporto certo determinante per chiedere ed ottenere alle istituzioni nazionali una norma che permettesse a Venezia di far pagare un contributo di accesso ai visitatori che vengono a vederla in giornata e che non rientrino in particolari categorie di esenzione. Una rivoluzione, anche culturale, per garantire alla città una corretta gestione dei flussi e per fare in modo che chiunque venga in città sappia che deve contribuire alla sua manutenzione e alla sua salvaguardia.
È stato ripreso il rapporto vivo e dialettico con l’Unesco che, in più occasioni, ha riconosciuto all’Amministrazione cittadina lo sforzo di mettere in pratica valide iniziative a sostegno della residenzialità, del decoro del territorio, avvallando, tra l’altro, anche il progetto relativo alle grandi navi, azione coordinata con l’ipotesi proposta dal Sindaco di Venezia, dalla Regione Veneto e dal Governo precedente.
Brugnaro infatti è da tempi non sospetti concorde con il fatto che le navi non debbano passare per il Bacino di San Marco e Canale della Giudecca e da sempre ha prospettato una soluzione che consente tra l’altro la salvaguardia dei 5000 posti di lavoro legati all’industria croceristica veneziana, attraverso il percorso Bocca di Malamocco, Canale dei Petroli, Canale nord lato nord per le navi più grandi e Stazione marittima per quelle più piccole. Ma una città non può esprimere il suo potenziale - ed è enorme nella città lagunare - se la sua macchina amministrativa non è agile, veloce; e il suo governo è appesantito da incrostazioni, debiti e bilanci in affanno. Ed è su questo che sembra essere arrivata la svolta importante.
Un puntuale lavoro iniziato con la ristrutturazione della macchina comunale, efficentando i suoi processi organizzativi, razionalizzando le spese, e investendo in sviluppo, salvaguardia, decoro e, soprattutto, in sicurezza della città. Molto resta ancora da fare, ma l’Amministrazione comunale registra dopo 5 anni di governo una riduzione del debito di oltre 70 milioni di euro, che nell’ambito delle amministrazioni pubbliche è un caso più unico che raro. Da questo, dalle economie e dalle razionalizzazioni intraprese in questi ultimi anni, dipende l’incremento degli interventi pubblici su sicurezza e decoro in terraferma come in città storica che negli ultimi anni hanno cambiato il volto della città. Economie, razionalizzazioni e virtuosità di bilancio che hanno – solo per fare un esempio - potuto consentire l’ideazione e l’organizzazione nel 2019 del primo Salone Nautico di Venezia che ha fatto da incipit a questo articolo e andato in scena nelle affascinanti e significative tese dell’Arsenale.
Le ventisettemila persone venute a visitare i padiglioni e gli oltre cento espositori hanno dimostrato quanto la manifestazione sia stata un riferimento per il mondo della nautica, ma non solo".
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Giganti # 1 (gennaio-febbraio 2021) | Pagina 18-25