Lo sport, la Reyer, gli scudetti  

Lo sport, la Reyer, gli scudetti  

Il progetto Reyer e lo sport come modello dello sviluppo di un territorio. I giovani, la città vasta, la squadra. La metafora della gara: il merito, l’impegno, il sacrificio, il risultato. L’etica dello sport, l’insegnamento della sconfitta e la gioia nella vittoria. Una città che finalmente torna a vincere. La passione per un team. L’impegno per un nuovo palasport

Domenica 18 giugno 2017, alle 20.02, Michael Bramos si alza quaranta centimetri da terra, tira da tre, e segna ai trentini. Un boato veneziano sommerge il Taliercio, il palazzetto veneziano. Il 20 giugno 2017, in gara 6 a Trento l’Umana Reyer Venezia vince ancora e, dopo 74 anni, porta a caso lo scudetto. Sabato 22 giugno 2019 è di nuovo scudetto stavolta al Taliercio: Sassari è piegata in gara 7 e Venezia è campione per la seconda volta in tre anni! Ancora tripudio popolare. E poi ancora: 16 febbraio 2020 a Pesaro l’Umana Reyer vince contro ogni pronostico la sua prima Coppa Italia maschile. Ci racconti da dove parte questa storia.

“Parte da lontano. E guardando indietro mi accorgo di quanta strada abbiamo fatto. Una grande impresa, una grande sfida che abbiamo vinto, tutti insieme. Era il 2004 quando l’allora sindaco di Venezia Paolo Costa mi chiese di fare da sponsor alla squadra femminile. Forse già in quel momento scoccò la scintilla. Così, quando due anni dopo, nel 2006, mi chiamò il primo cittadino del tempo, Massimo Cacciari, per chiedermi di rimettere in piedi la storia del basket a Venezia, decisi che li avrei aiutati. La Reyer era una gloria antica diventata, ormai, un cumulo di macerie. Serviva un nuovo approccio, nuovo entusiasmo che non si limitasse semplicemente ad un nuovo sponsor. Cominciai con il basket femminile, ma io guardavo allo sport come un progetto importante, per i giovani. Io pensavo alla città, ad una città vasta, metropolitana. Pensavo a Mestre e a Venezia, alle due squadre insieme più forti e unite: dopotutto la città è, fin dai tempi della Serenissima, uno “Stato da Tera e Stato da Mar”. Pensavo ai ragazzi che avrei potuto togliere dalle strade o dal divano, a quei ragazzi a cui avrei voluto regalare un sogno: fare sport assieme agli altri e, assieme, imparare a perdere e a vincere, a diventare Campioni, prima di tutto nella loro vita. “Mi confrontai in azienda e lavorammo sodo al progetto. Fondemmo le tre realtà cestistiche: il femminile, i cui diritti mi furono dati da Giorgio Chinellato e Paolo De Zotti, quella di Venezia della Reyer, trasferita da Mauro Pizzigati e Bellegotti, e quella dei Bears di Mestre, ceduta da Roberto Casson. Creammo così la Reyer Venezia Mestre Spa. Parlai chiaramente anche a tutte le persone innamorate di questa città che avrebbero potuto aiutarci e mi sorprese scoprire il cuore di questa gente, dello sport veneziano. Il Taliercio (il palazzetto dello sport cittadino regalato dalle aziende di Porto Marghera, dedicato al direttore del Petrolchimico ucciso dalla Brigate Rosse nel 1981, ndr) era grande solo nel nome. Tutto il resto era il vuoto più totale.

L’altoparlante gracchiava malamente i nomi dei giocatori, le luci del tabellone si incantavano, gli spogliatoi erano indecenti e le tribune di scomodo cemento. C’era però tanto entusiasmo tra di noi e, per poter andare avanti, ho chiesto a tutti di fidarsi di me, cercando di rappresentargli quel che vedevo nel futuro per questa Società. C’erano pochi tifosi e così, per far sentire il calore del pubblico alla squadra del femminile, ho comprato dei tamburi. Quando giocavamo in trasferta, con Stefania e pochi altri, lo battevo come un ossesso a bordo campo. Noi c’eravamo e in campo lo sentivano. Ci inventammo perfino i cori, che sono gli stessi che oggi risuonano al palazzetto e che si possono sentire in televisione. Alla fine di ogni partita eravamo bagnati di sudore, senza voce e con le mani spellate ma eravamo felici. Nella primavera del 2007 ci siamo inventati il progetto ‘Reyer Baby’, attraverso cui abbiamo già consegnato ai nuovi nati degli 11 ospedali del nostro territorio più di 105.000 kit come ‘benvenuto al mondo’. “In questi anni abbiamo perso e abbiamo vinto. Ma poco importa. La Reyer nel tempo è diventata un grande progetto civico, sociale e culturale. Adesso oltre cinquemila bambini e ragazzi, tra maschi e femmine, giocano nella Reyer. Ci sono oltre 30 società sportive a noi legate in un territorio molto vasto e speriamo di allargarlo ancora. Mi vengono i brividi a pensare a quanti tra ragazzi e ragazze sono stati orgogliosi di vestire la maglia di questo progetto, quanti sacrifici negli allenamenti, quanti sogni e quanti amici, quanti sono cresciuti con la Reyer e nel frattempo sono diventati ragazzi, uomini e donne, orgogliosi di appartenere ad un sogno che li vede protagonisti. Protagonisti nella vita, prima come figli e poi come padri e madri, tifosi appassionati dei nostri colori, l’orogranata, che sono quelli della nostra bandiera, quella del Leone di San Marco. Noi siamo legati e orgogliosi di questa squadra che porta sul petto lo scudetto tricolore, l’ultimo dei due vinti in tre anni, dopo 74 anni di passione. Io guardo ai nostri giovani, perché è per loro che io, Stefania, i nostri amici e le nostre famiglie abbiamo fatto e facciamo tutto questo”.

Ma perché proprio la pallacanestro?

“Basta guardare qualche immagine del tifo al Taliercio. Donne, bambini, famiglie. Operai e direttori di banca. Urlano, si sbracciano, suonano i tamburi e sventolano sciarpe e bandiere. Si abbracciano e piangono insieme. Perché è uno sport pulito. Perché unisce ed è inclusivo. Perché è uno sport dove ognuno si sente coinvolto. Dove si vince se si lavora tutti per la squadra, dove i personalismi valgono poco. Dove gli scontri fra tifosi sono rarissimi e gli avversari non sono mai considerati dei nemici. Nel basket la competizione è sana e si premia il merito. Misurabile, verificabile”.

Ci sono patron di squadra che rimangono impassibili, seduti in panchina, che si vinca o che si perda. L’abbiamo visto sbracciarsi, entrare in campo, parlare ai ragazzi della squadra, riprendere gli allenatori. Sanguigno, passionario. Presente alla squadra e alla dirigenza. Questo è un progetto che l’ha visto protagonista, sin dagli esordi. L’Umana Reyer è un bambino che ha preso per mano e fatto crescere. Quanta passione c’è in tutto questo, e quanto conta per vincere?

“Sono fatto così, a bordo campo e fuori. La passione con cui affronto le cose è direttamente proporzionale all’impegno che ci metto nel farle. Passione e impegno sono il cemento di ogni impresa ed io, per natura, com’è noto, non nascondo né l’una né l’altro. Il basket è diventato, con il tempo, una mia grande passione. Il tema della competizione mi è sempre appartenuto perché rappresenta la misura del valore e del merito di una persona, di una formazione, di una squadra. È un modo per vivere, per sentirsi vivi, accettare le sfide, con orgoglio e umiltà. Attraverso la competizione ci si misura, ci si mette in discussione, ci si confronta con gli altri. Una competizione sana, dove le regole sono chiare, dove il campo è aperto, dove non ci si fanno sgambetti o si utilizzano sotterfugi. Dove a vincere è l’intelligenza e non la furbizia. Vince chi è più forte e riceve il rispetto degli altri. Vince chi, se può, aiuta chi rimane indietro. Per me tutto questo rappresenta il mondo del basket. E non riesco a tollerare quando queste regole, che rappresentano l’etica e la bellezza di questo sport, vengono calpestate. Successe nel 2011, quando alla Reyer volevano impedire di partecipare al campionato di serie A1. La nostra opposizione fu totale perché eravamo nel giusto, avevamo ragione e non avremmo accettato soluzioni diverse. E ci fu riconosciuto”.  

Cosa è significato per lei vincere due scudetti, una coppa europea e una Coppa Italia essendo al tempo stesso patron della squadra e Sindaco di Venezia?

“I valori dello sport sono concreti, i risultati sono oggettivi, chiari. L’esempio che ha dato la Reyer alla città è potente. Forse il più potente di cui avremmo potuto disporre. Vincere vuol dire vedersi riconoscere l’impegno e la fatica che si sono fatti. È l’esempio più calzante che abbia mai avuto a disposizione. Vuol significare che i giovani cittadini della mia città possono avere ancora fiducia nel futuro. Vuol dire che se si impegnano, se ci mettono il meglio di loro stessi, possono farcela. Non contano raccomandazioni, non contano le furbizie, non contano le scorciatoie. Se fai bene, sarai ricompensato. Tutto questo ha una forza simbolica, educativa e pedagogica straordinaria. Direi quasi impareggiabile. Come avrei fatto a spiegare loro che tutto questo può essere vero se non mostrando risultati concreti. Oggi, con il successo della Reyer, quel senso delle cose che continua ad essere ripetuto dai loro genitori e dalle loro famiglie, prende forma concreta. Attraverso due scudetti tutto questo ha preso senso, un senso concreto, misurabile.

Un esempio chiaro e luminoso. Io cerco di trasferire ai miei concittadini il peso e il valore delle cose che dico. Quando chiedo loro di aver fiducia, che possiamo farcela e che presto Venezia Metropolitana ritornerà ai vertici del panorama nazionale e internazionale, vorrei che sapessero che lo faccio perché sono consapevole di dove voglio arrivare e oggi ho un esempio concreto da mostrare. In poco più di dieci anni la Reyer, come aveva già fatto la Fenice anni prima, è risorta dalle sue ceneri ed è arrivata a vincere lo scudetto nel 2017, riconfermandosi nel 2019, conquistando nel 2018 la Fiba Europe Cup e nel 2020 vincendo la Coppa Italia, mantenendosi sempre ad altissimi livelli. La Reyer è diventata un simbolo di quel che può fare Venezia, una città vincente nel proprio DNA. L’unico svantaggio per me è dover stare più composto a bordo campo, più sobrio per rispetto al grande onore che questa Città mi ha fatto nell’eleggermi Sindaco. Ma non posso garantire che ci riuscirò sempre e, di questo, voglio scusarmene in anticipo”.

Parla spesso di ragazzi, di giovanili, di crescita, di futuro. Attraverso lo sport, i bambini crescono con un bagaglio pesante di valori sulle spalle, uno zaino così pieno che gli consente di restare ben piantati a terra quando arriva la prima folata di vento.  

Guardo al futuro e vedo i nostri bambini in campo. La Reyer sono loro. È quello il futuro che stiamo costruendo. Sono i ragazzi del settore giovanile, sono gli studenti delle scuole superiori che con impegno si mettono a giocare e a lavorare per la Reyer School Cup, sono i progetti che mettiamo in campo per i ragazzi che fanno sport e per le loro famiglie. Molti di loro non riusciranno a diventare campioni di basket professionisti, ma sono convinto che, anche grazie a Reyer, anche grazie allo sport, potranno sicuramente diventare dei grandi cittadini. Loro sono il nostro futuro e a loro ho dedicato questi due scudetti e tutto il mio lavoro da Sindaco. Dobbiamo far ripartire la Città, ridarle l’onore e il prestigio che merita e lo faremo concentrandosi sulla creazione di nuovi posti di lavoro e di giuste condizioni di vantaggio per le imprese, lo faremo rilanciando Porto Marghera, riorganizzando la struttura burocratica del Comune, rafforzando i rapporti con tutte le Istituzioni della Regione e dello Stato. Dobbiamo creare un mondo sociale nuovo, più trasparente e onesto, luoghi della Città più protetti e sicuri dove ogni persona possa esprimere se stessa in piena libertà senza, però, mai dimenticare quella di coloro che gli stanno vicino.

Per dare concretezza a questo progetto, come Sindaco, dopo aver efficientato la macchina amministrativa, ridotto il debito e gestito con oculatezza le finanze pubbliche per trovare le risorse, abbiamo varato un vero e proprio “Piano Marshall per lo sport” da oltre 22,6 milioni di euro per lo sport in Comune di Venezia. Ma non ci siamo limitati, tuttavia, a costruire, ammodernare, mettere in sicurezza e ingrandire gli impianti e le strutture di base, sia in terraferma che nel Centro storico e nelle isole: abbiamo istituito anche un “Codice etico dello sport e dell’associazionismo sportivo”, un insieme di regole comportamentali in grado di armonizzare e disciplinare l’attività, il comportamento in ambito sportivo e l’organizzazione delle società che si dedicano a questo.

Ma la novità tra le più importanti è quella di aver istituito, primi in Italia, un voucher da 180 euro per ciascun bambino di 6 anni: i genitori hanno un valido incentivo per far scoprire ai propri figli quanto sia importante per la crescita praticare uno sport e soprattutto farlo all’interno di associazioni o società che hanno tutte le carte in regola. Questo progetto, iniziato nel 2018 con il Comune di Venezia, dal 2019 è stato esteso a tutti gli altri 43 Comuni della Città Metropolitana, raggiungendo così oltre 6.500 famiglie”.

Avrebbe potuto far quello che fanno in molti che comprano la prima squadra. La scelta più semplice, quella più redditizia, più spettacolare. Lei invece compra la Reyer, ma prima investe sul femminile, rilancia i bambini col minibasket, lavora con le giovanili, con le scuole. La Reyer sembra un progetto più che una squadra.  

Il nostro progetto va oltre il basket. Quando abbiamo vinto il primo scudetto, e poi anche il secondo, si sono riempiti i campi e campielli, tutti sono scesi a far festa sulle strade, in macchina, in motorino, in bicicletta, a piedi, pure in barca. Ma su quelle piazze, a San Marco e a Mestre, lungo i canali e le strade del corteo, non c’erano solo tifosi ad urlare il proprio orgoglio. C’era tutta la città, anche quella metropolitana. Tanti di loro sono riusciti poche volte ad entrare al Taliercio a vedere una partita ma urlavano il proprio orgoglio di cittadini. La soddisfazione di una città che da troppi anni non vinceva, nello sport come nella vita di tutti i giorni. Una grande città con enormi potenzialità ma che spesso sembrava essere rassegnata a perdere, senza entusiasmo, senza una prospettiva. Anche con queste vittorie siamo riusciti a ridare fiducia, a far vedere che ce la possono e ce la possiamo fare, tutti insieme”. 

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Giganti # 1 (gennaio-febbraio 2021) | Pagina 26-35

Fabrizio Carcano 

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