Venezia, il terzo Scudetto è un inno alla gioia: stavolta Schio s'inchina

Venezia, il terzo Scudetto è un inno alla gioia: stavolta Schio s'inchina

In una serie finale dominata, la Reyer di Mazzon ha trovato la sintesi perfetta tra concretezza e spettacolo. Le campionesse uscenti e Bologna si spartiscono gli altri due trofei stagionali

Pochi secondi all’intervallo di gara-3 della finale-scudetto: Schio attacca con 4 punti di vantaggio. Ma Martina Fassina strappa la palla a Elisa Penna; scatta in contropiede, si arresta un passo prima dell’arco e gonfia la retina sulla sirena. L’ala di Venezia urla di gioia insieme alle compagne. In quell’azione c’è l’immagine della serie: nel recupero difensivo l’intensità e la voglia delle sfidanti di scalzare dal trono le detentrici; nella tripla allo scadere il talento e la sana follia che hanno ispirato le orogranata; nell’abbraccio collettivo la forza e l’entusiasmo di un gruppo diventato granitico nel momento della verità

Tre a zero con 39 punti complessivi di scarto: mai nessuno, da quando Schio regna sul basket femminile italiano, cioè ormai da due decenni, l’aveva battuta così nettamente in finale. Terzo scudetto nella storia della sezione-donne della Reyer: se il primo appartiene a un’altra epoca (1946) e il secondo era stato celebrato in sordina per le restrizioni-Covid (2021), stavolta invece è stata festa completa, dai pienoni al Taliercio fino alla parata celebrativa sul Canal Grande, in cui la squadra, tra gli applausi di cittadini e tifosi e la curiosità dei turisti, ha raggiunto il municipio per venire premiata dal sindaco e patron reyerino Luigi Brugnaro.

BELLA & VINCENTE - L’Umana di Andrea Mazzon si era già fatta amare in un inizio di stagione esaltante: 24 vittorie di fila tra campionato ed Eurocup, bel gioco, gruppo giovane con personaggi che piacciono. Ma da gennaio in poi si era appannata: due sconfitte con Schio, la più importante e netta nella finale di Coppa Italia; corsa europea interrotta in semifinale; qualche successo senza convincere troppo. 

Alla vigilia della finale-scudetto (che ha avuto il gradito ritorno della visibilità in chiaro su RaiSport), i pronostici tendevano a preferire il Famila per la sua puntualità negli appuntamenti che contano. La Reyer aveva, sì, il fattore-campo a favore, ma nel 2023 la Virtus Bologna si era trovata nella stessa situazione e non le era bastato.

Così, quando il Famila chiudeva a +10 il primo quarto di gara-1, la sensazione di “déjà vu” era inevitabile. Niente di più sbagliato. Nella fase centrale della partita, Venezia ha messo sul parquet un’energia superiore, tradotta in più recuperi, rimbalzi offensivi e tiri liberi guadagnati, ribaltando il punteggio. Poi, nel finale, quando Schio ha prodotto il massimo sforzo per tornare a contatto, la Reyer l’ha respinta con personalità: 77-65 e 1-0 nella serie. 

Gara-2: riscossa di Sottana, Keys e compagne? Tutto il contrario: cavalcata dell’Umana dalla palla a due alla sirena finale (85-64). Raramente si era vista una squadra divertire e divertirsi così, in una finale-scudetto, tra giocate clamorose, sorrisi ed esultanze in campo e sugli spalti (record stagionale di pubblico con 3.500 spettatori). 

In gara-3 Schio, sul proprio campo, ha dato tutto per riaprire la serie. Ma le ragazze di Mazzon hanno risposto con una prova di forza, mentale e tecnica, prima neutralizzando la fuga del Famila con un parziale di 10-0, completato dall’azione di Fassina descritta all’inizio; poi con un 8-0 “killer” nell’ultimo minuto, iniziato in svantaggio di 2 punti e chiuso sul 74-80 da nuove campionesse d’Italia. 

PROTAGONISTE - Nel capolavoro di Venezia, il... Leone d’oro spetta alla MVP della serie, Awak Kuier. Che la finlandese di origini egiziane abbinasse un talento cristallino a un fisico più che statuario, quasi due metri dalle gambe infinite quanto rapide, era già chiaro a tutti. Ma, a 23 anni ancora da compiere, non era mai stata così continua e dominante come l’abbiamo ammirata in queste finali. Una giocatrice totale: triple, penetrazioni e “coast to coast” da esterna; gioco in post e intimidazione difensiva da lunga; puntuale e spietata nei momenti-chiave.

Leone d’argento ex-aequo alle due registe dell’Umana, spesso utilizzate insieme in una “combo” travolgente. Matilde Villa, a 19 anni e mezzo, ha brillato sia in fase realizzativa sia nella costruzione del gioco, coronando una primavera che l’aveva già messa sotto i riflettori (anche del Tg1) per la scelta al terzo giro del draft WNBA. Ha compiuto la necessaria evoluzione verso un gioco più maturo senza perdere quei lampi di talento puro con cui da ragazzina sfidava con successo le grandi dell’A1. La francese Lisa Berkani, “genio e sregolatezza” durante la stagione, in finale è stata solo genio, realizzando canestri tanto spettacolari quanto determinanti nei frangenti cruciali; impeccabile anche dalla lunetta per sigillare gara-1 e gara-3.

Menzioni d’onore a Jessica Shepard che, abituata a un ruolo da primattrice, si è messa al servizio della squadra, con un record di 23 rimbalzi in gara-1 e una difesa mai così intensa; alla già citata Fassina, incisiva da fuori come in avvicinamento a canestro; alla capitana Francesca Pan, MVP della finale 2021, capace di rialzarsi dal successivo calvario di guai fisici, tornando a offrire triple ed esperienza alla causa comune. E a proposito di rientri da infortuni, il recupero di Mariella Santucci e Lorela Cubaj proprio per la serie finale ha dato una spinta in più all’Umana, sul piano tecnico ma più ancora su quello emotivo. Con meno spunti, ma comunque tasselli di un organico di successo, le varie Gorini, Nicolodi, Logoh, Meldere e l’ultima arrivata Held che ha sostituito Makurat nel finale di stagione.

PANORAMA - Quindicesima Coppa Italia in bacheca; finalista in campionato e in Supercoppa; playoff in Eurolega: quanti metterebbero la firma per un bilancio così? Ma per Schio è un passo indietro rispetto allo straordinario 2022/23 in cui aveva monopolizzato i trofei in patria e raggiunto per la prima volta le Final Four europee. Sottana si è confermata decisiva a quasi 36 anni, ma neppure lei è riuscita a invertire la rotta in finale; ancor meno le straniere.

La Virtus Segafredo Bologna ha iniziato la stagione conquistando il suo primo trofeo femminile importante, la Supercoppa. Sembrava il prologo di un’annata che avrebbe coronato l’ascesa delle V nere al vertice, dopo due finali-scudetto perse. È invece finita con un’eliminazione nei quarti per Zandalasini e compagne, crollando in gara-3 alla Segafredo Arena per mano di Ragusa, che già le aveva eliminate anzitempo dalla Coppa Italia. Ma la notizia peggiore è che, mentre scriviamo, il progetto della Virtus femminile pare destinato a un ridimensionamento. 

Semifinaliste con molto onore sono state La Molisana Campobasso e Passalacqua Ragusa. Anche per le siciliane, purtroppo, sembra in arrivo un passo indietro societario, e dunque quello delle ragazze allenate dall’ex c.t. Lardo rischia di essere stato l’ultimo acuto. A Campobasso invece la freccia è ancora ben puntata verso l’alto; la squadra di Sabatelli, spinta da un ambiente entusiasta, ha ottenuto il miglior risultato della giovane storia del club in A1. Memorabile la serie dei quarti-playoff contro l’Allianz Geas, diretta rivale per tutta la stagione: impresa esterna sestese in gara-1 dopo due supplementari, miracolo dell’ex di turno Kacerik sulla sirena di gara-2 per le molisane che poi hanno prevalso nella terza battaglia. 

Hanno raggiunto i playoff anche l’Alama S. Martino di Lupari, col suo gioco ad alta intensità, e l’Oxygen Roma, debuttante assoluta con il merito di portare un bel pubblico nel rinnovato palasport capitolino. In chiaroscuro il Banco di Sardegna Sassari: discreto cammino in Eurocup, ma playoff mancati in Italia, complice uno 0-20 a tavolino contro la rivale Roma.

Salvezza ai playout per l’RMB Brescia, in netta crescita rispetto allo scorso anno; per l’E-Work Faenza, regina delle sconfitte beffarde in stagione regolare ma capace di ricompattarsi evitando il peggio; e per l’O.me.p.s Battipaglia, che dopo 17 k.o. nelle prime 17 partite, e vari cambi d’allenatore, ha rimescolato le carte con innesti azzeccati, condannando nell’ultimo turno di playout la matricola Repower Sanga Milano.

 

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Superbasket # 66 (giugno-luglio 202) | Pagina 54-59

Manuel Beck

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