Anno 1983 - Da Mosca a Nantes: l'Italia è Regina d'Europa

Anno 1983 - Da Mosca a Nantes: l'Italia è Regina d'Europa

Dopo Nizza con il primo successo della storia dello sport in rosa a livello di club, la Coppa dei Campioni conquistata dal Geas Sesto San Giovanni, è ancora la Francia a regalare gioia all'Italia cestistica. Da Nantes a Grenoble, infatti, è un anno d'oro per la palla a spicchi tricolore con una serie incredibile di trionfi, ma soprattutto con un successo mediatico che solo tantissimi anni dopo verrà in parte ripetuto.

Ma andiamo con ordine partendo dal primo, storico, oro europeo della Nazionale. Dopo la medaglia d'argento di Mosca e i flop nei due anni successivi, questo grande risultato risulta quasi inatteso, viste le avversarie e nonostante una delle generazioni d'oro create dal movimento cestistico nostrano. Da Marzorati a Sacchetti, da Riva a Caglieris, senza dimenticare Alberto Tonut, Vecchiato, Bonamico, Villalta, Gilardi, Costa e Brunamonti, oltre, ovviamente, al personaggio dell'anno, di Superbasket e non solo, ossia Dino Meneghin.

L'Italia, guidata da Sandro Gamba, conquista il primo posto nel girone di qualificazione battendo tutte le dirette concorrenti: la Svezia, i padroni di casa della Francia, la Grecia di Galis, la fortissima Jugoslavia di Cosic, Dalipagic, Kicanovic e di un giovane Drazen Petrovic e la Spagna di San Epifanio, evitando così l'incrocio con l'Unione Sovietica del Generale Gomelsky e di Sabonis e Myshkin. A separare gli azzurri dalla finale c'era solo una sorprendente Olanda, liquidata 88-69. A giocarsi l'oro, però, l'Italia non trova i sovietici, bensì ancora una Spagna eroica nello sconfiggere l'URSS in semifinale. Il 4 giugno del 1983 ecco l'apoteosi: il 105-96 vale agli azzurri il primo trionfo europeo al termine di una partita in cui alle prove opache di Riva e Meneghin (limitati anche dai falli) sopperiscono il terzo ventello di Villalta e le prove maiuscole di Gilardi e Sacchetti (rispettivamente, 16 e 15 punti).

Una vittoria che, inevitabilmente, porta anche il segno tangibile di Cesare Rubini, personaggio dell'anno per Superbasket. Pallanuotista oltre che cestista, Rubini è un'icona di tutto il movimento, oltre che uno dei più vincenti sommando le esperienze da giocatore e da allenatore: quindici Scudetti, una Coppa Italia, la Coppa dei Campioni del '66 sulla panchina dell'Olimpia Milano e due Coppe delle Coppe sono solo alcuni dei successi ottenuti. L'Hall of Famer di Trieste, infatti, a partire dal 1976 ha ricoperto il ruolo di dirigente della Federazione, contribuendo in tutti i più grandi trionfi azzurri, da Mosca a Nantes, da Stoccarda a Roma.

Tornando ai protagonisti della spedizione in Francia, per alcuni si tratta di una seconda, immensa, gioia conquistata oltralpe: per Meneghin, atleta dell'anno per Superbasket, è la consacrazione di una carriera già eccezionale, un trionfo premiato con un riconoscimento preziosissimo: il lungo di Alano di Piave, infatti, conquista il prestigioso “Euroscar Award” assegnato dalla Gazzetta dello Sport al miglior giocatore europeo dell'anno. Una soddisfazione che, almeno in parte, insieme alla medaglia d'oro, rende positiva una stagione amara per un giocatore così abituato a vincere. Dei 28 anni di carriera nei quali Meneghin ha conquistato qualcosa come 32 trofei (dodici Scudetti, sette Coppe dei Campioni, sei Coppe Italia, quattro Coppe Intercontinentali, due Coppe delle Coppe, una Coppa Korac oltre ai Bronzi europei nel '71 e nel '75 e al già citato argento dell'80); eppure, almeno all'inizio, il 1983 sembra davvero stregato per il Presidente Onorario della Fip. Dopo lo scudetto dell'anno prima, infatti, la Billy non riesce a ripetersi in Italia e si fa sfuggire per un solo punto la Coppa dei Campioni. Insomma, due finali e due esiti amari. A trionfare nella nostra penisola, infatti, è il Banco di Roma che porta il primo tricolore nella Capitale al termine di una finale bellissima e con un grandissimo seguito di pubblico.

Proprio l'ultimo atto, culminato con i 14.348 spettatori che hanno assistito a gara-3, segna la definitiva esplosione mediatica della pallacanestro in tutta Italia: Roma e Milano, le due metropoli, che si contendono lo scettro di regina di fronte a platee mai sotto le 10.000 unità, rispondendo, in campo come sui mezzi di comunicazione, colpo su colpo, mentre i tifosi si godono l'onda lunga del dualismo Peterson-Bianchini che, per anni, avrebbe caratterizzato il palcoscenico della palla a spicchi.

Per il Banco-Roma quel successo segna l'inizio dell'era d'oro capitolina con quel Larry Wright (e il compianto Marco Solfrini) che prende per mano i compagni e fa innamorare una città intera, storicamente divisa nella rivalità calcistica tra Roma e Lazio. E che ora sogna anche un successo europeo. Trionfo che coglie ancora una volta Cantù, ma non senza qualche brivido di troppo. A Grenoble, infatti, nella finale contro Milano, i brianzoli rischiano una clamorosa beffa di fronte ai 10.000 spettatori giunti al Palazzetto dello Sport della cittadina d'oltralpe. D'Antoni e compagni, infatti, vanno vicini a compiere il delitto perfetto: sotto nel punteggio 69-62 ad appena 38” dalla fine, complici due palle perse sciagurate dei rivali biancazzurri, Milano risale sino al -1 con il possesso decisivo in mano. Il tiro di Franco Boselli dall'angolo, però, si ferma sul ferro con Vittorio Gallinari che, arpionato il rimbalzo, non riesce nemmeno a effettuare l'ultimissimo tentativo. È l'apoteosi della vocazione europea per quella Cantù guidata, per il primo anno, da Giancarlo Primo, al secondo successo stagionale se si include la Coppa Intercontinentale conquistata in autunno.

Per l'ex allenatore della Nazionale, eletto tecnico dell'anno da Superbasket, sono i primi due trofei con un club dopo i due bronzi europei nel '71 e nel '75. Nel suo ventennio sulla panchina azzurra, l'Italia è riuscita a sfatare anche due storici tabù con la prima vittoria contro gli USA nel 1970 e contro l'Unione Sovietica nel 1977.

Ma le vittorie non finiscono qui. A esultare, infatti, è anche la Scavolini Pesaro che, nel 1983, conquista la Coppa delle Coppe sconfiggendo l'Asvel Villeurbanne 111-99. Per i marchigiani è il primo trofeo in assoluto, l'inizio di un decennio che in riva all'Adriatico resta indimenticabile. I protagonisti, sotto la guida di Pero Skansi, rispondono ai nomi di Kicanovic, Sylvester, Zampolini, Jerkov e Magnifico.

A impreziosire una stagione trionfale ci pensa anche la Zolu Vicenza del presidente Antonio Concato che, oltre a riconquistare il tricolore, si prende anche la Coppa dei Campioni, aprendo quel ciclo irripetibile di vittorie. Un filotto magico che non si è ripetuto mai più.

 

  • Personaggio dell'anno

    Cesare Rubini

  • Allenatore dell'anno

    Giancarlo Primo

  • Atleta dell'anno

    Dino Meneghin

 

  • Nazionale Italiana maschile

    Europei, medaglia d'oro

  • Scudetto maschile

    Virtus Banco di Roma

  • Coppa Italia maschile

    non disputata

  • Supercoppa maschile

    non disputata

  • Coppa Campioni maschile

    Ford Cantù

  • Coppa delle Coppe

    Scavolini Pesaro

  • Coppa Korac

    CSP Limoges

 

  • Promosse in Serie A1 maschile

    Sav Bergamo, Indesit Caserta,

    Seleco Napoli e Acquabrillante Forlì

  • Promosse in Serie A2 maschile

    Vincenzi Verona

   e Banca Popolare Reggio Calabria

 

  • Nazionale Italiana femminile

    Europei, 5° posto

  • Scudetto femminile

    Zolu Vicenza

  • Coppa Italia femminile

    non disputata

  • Supercoppa femminile

    non disputata

  • Coppa Campioni femminile

    Zolu Vicenza

  • Coppa Ronchetti

    Budapest SE

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Superbasket # 42 (dicembre 2018-gennaio 2019) | Pagina 26-27

Redazione Superbasket

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