L’uomo che non ha mailasciato nulla al caso
Il mio racconto di Sergio Scariolo inizia da Brescia, quando io ero giocatore e lui viceallenatore. Da quel momento, per un periodo, le nostre carriere hanno avuto un andamento parallelo, con Sergio che poi ha intrapreso il percorso e i successi che tutti conosciamo. Ma torno a quei lontani tempi bresciani. Siamo a fine anni ’70, in panchina c’era il grande Riccardo Sales, io giocavo lì da due anni. Lo capii fin da subito che Sergio aveva le idee chiare su cosa sarebbe voluto diventare. Trasmetteva già allora la sensazione di non fare mai nulla a caso, senza sapere come sarebbero andate le cose.
Era preciso, scrupoloso, impossibile trovargli un difetto, sia in campo che fuori. Anzi no, uno forse lo aveva: il rapporto con le macchine e i motori. Lo prendevamo in giro per la vistosa “Bagheera”, una strana auto sportiva francese, per di più di colore giallo, con cui andava in giro. Ma la sintonia tra noi nacque immediatamente, diventai amico anche di sua sorella, ci frequentavamo spesso fuori dal campo, con molti amici in comune.
Il 1984 fu l’anno del mio passaggio a Pesaro, mentre Sergio faceva un anno a Vigna Di Valle con le Forze Armate. Poi arrivò alla Scavolini anche lui. Non era solo un assistente allenatore, ma si occupava anche del settore giovanile, all’epoca importantissimo, a Pesaro come in ogni società d’Italia. Il rapporto tra di noi si fece ancor più professionale, eravamo arrivati entrambi in una grande squadra che puntava a vincere. Lui fece da vice prima a Giancarlo Sacco e poi a Valerio Bianchini ed ancora l’etica, la precisione, la voglia di arrivare in cima al mondo della pallacanestro lo hanno sempre contraddistinto.
Gli aneddoti più belli delle nostre carriere riguardano soprattutto le trasferte di coppa. Durante il riscaldamento lui era sempre molto impettito, non lasciava mai trasparire alcun segno di rilassamento e così noi giocatori, scherzando, ci divertivamo a prenderlo di mira. Ma c’era poco da fare: Sergio aveva questa grande capacità di apparire più grande rispetto all’età che aveva. Nonostante ciò, parlando tra di noi del gruppo storico, non ci aspettavamo che la società gli affidasse le chiavi della squadra, promuovendolo a capo allenatore. Ma quando successe, abbiamo fatto di tutto per metterlo a suo agio, visto tra l’altro che alcuni giocatori erano addirittura più giovani di lui. Nessuno lo ha mai messo in difficoltà, mentre lui, dal canto suo, si faceva forza delle doti che l’hanno sempre sostenuto, consapevole di aver ereditato una squadra chiamata a vincere. Fu bravissimo a non sconvolgere nulla, a far fruttare quanto captato negli anni precedenti da Bianchini. Noi gli andammo dietro, vincendo uno scudetto storico, dominando.
Conoscendolo, credo che quando venne chiamato a fare il capo allenatore lui avesse già tutto in testa. Ne sono convinto. Lo testimonia il fatto che, nei suoi discorsi, diceva sempre che il suo traguardo era l’NBA. Noi ci mettevamo a ridere, ma alla fine lui ci è arrivato sul serio. Senza contare tutto il resto.
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Giganti # 11 (maggio 2023) | Pagina 44