“È rimasto sempre se stesso”

“È rimasto sempre se stesso”

Per me come un fratello maggiore

Ho conosciuto Ettore nel lontano 1983: un incontro che mi ha cambiato la vita, e non solo quella cestistica. Troppo lungo raccontare il periodo trascorso assieme: vado piuttosto per alcuni episodi per me particolarmente significativi.

Palestra Virtus, 27 giugno 1983: il giovane Messina, allora ventiquattrenne, aveva appena ricevuto l’incarico di assistente allenatore di Alberto Bucci e di responsabile del settore giovanile della Virtus. Ettore ed io ci accingevamo ad affrontare il nostro primo allenamento da capo-allenatore e assistente del Supergruppo (allora funzionava così) juniores+cadetti. Seduto nel “suo” posto l’avvocato Gianluigi Porelli con le palette dei voti.

Ci aspettavamo che da un momento all’altro interrompesse l’allenamento tuonando: “Questa non passa!”. Rimasi, al contrario, folgorato dalla capacità di Ettore di sopportare la pressione, perché credetemi, la presenza dell’avvocato si faceva sentire, eccome! In quella stagione Ettore compì il suo primo capolavoro vincendo lo scudetto Allievi a Loano con un gruppo di ragazzi che erano partiti come perfetti sconosciuti.

Nel 1997-98, risposi con piacere ed entusiasmo alla seconda chiamata di Ettore che mi volle come assistente, al ritorno sulla panchina della Virtus dopo l’esperienza in Nazionale. E lo ammirai quando ebbe la forza di non convocare Savic dopo un’intervista non cristallina del giocatore: un messaggio chiaro alla squadra, ma con che coraggio, ragazzi! Da lì cominciò una cavalcata vincente. E ricordo bene quando mi opposi alla sua decisione di promuovere l’allora giovane Nesterovic in quintetto base: per fortuna non mi ascoltò. Rascio non uscì più dallo starting five e due anni dopo avrebbe giocato da protagonista a Minnesota.

Nell’estate del 2000 ci fu l’introduzione della regola dei 24”: lui, che amava molto il controllo del gioco, capì immediatamente, e prima di molti altri colleghi, che sei secondi in meno sarebbero stati determinanti e che il gioco di conseguenza sarebbe andato in un’altra direzione. Che avrebbe dovuto lasciare molto più spazio all’iniziativa, alla lettura, al gioco di movimento: ed ecco la scelta di molti giocatori bravi nell’1 contro 1 (vedi Ginobili).

Sono passati 34 anni dalla prima volta che l’ho incontrato e il ragazzo nel frattempo... si è fatto. Ci siamo lasciati e ritrovati più volte, ma in ogni occasione nella quale ho avuto il piacere di collaborare con lui (vedi l’ultima esperienza con la Nazionale) ho apprezzato la sua capacità di rimanere se stesso. Non è da tutti. Pur con qualche ruga in più e qualche capello in meno, per me è rimasto quello di Loano

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Giganti # 4 (febbraio 2018) | Pagina 64

Giordano Consolini

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