“Il guardiano della sua credibilità”

“Il guardiano della sua credibilità”

Lui esordiente allenatore, io capitano della Virtus: mi è bastato ricambiare la sua fiducia proteggendone il carisma nei primi anni. E me ne volli andare con lui

Avevo la convinzione che Ettore ci fosse sempre stato sin dal mio esordio alla Virtus Bologna, e invece è arrivato un anno dopo di me: mi sembra di averlo appreso solo ora rileggendo la sua biografia cestistica! Dico questo per dare un’idea di quanto la mia permanenza alla Virtus sia imprescindibilmente legata alla sua, dall’inizio alla fine.

In quel 1989 la Bologna bianconera fu investita da un vero e proprio terremoto: l’avvocato Porelli lasciò dopo anni di illuminata gestione; Villalta e Bonamico, bandiere storiche, andarono verso altri lidi e il tecnico Bob Hill, che pure aveva un contratto, decise all’ultimo momento di non tornare in Italia. In questo panorama la nuova dirigenza affidò a Messina la guida della squadra. Non male come pressione per un esordiente! Ero in vacanza a Spoleto quando ricevetti la telefonata di Ettore che mi comunicava la notizia. Non ho avuto dubbi che fosse la scelta migliore: ne conoscevo da tempo la competenza e il carisma. Siamo coetanei, in quel momento avevamo 30 anni, ma Ettore era il giovane capo allenatore esordiente di una storica società ed io il giocatore maturo e affermato che veniva investito di una nuova responsabilità come capitano dopo Villalta. Ero un punto di riferimento della squadra e del pubblico. Ci siamo accompagnati a vicenda per iniziare al meglio questa fantastica avventura. Ettore mi ha trasferito la sua fiducia, che io ho accolto con entusiasmo cercando di ripagarlo non soltanto da un punto di vista tecnico, ma soprattutto con un atteggiamento che non mettesse mai in discussione la sua credibilità.

Era l’unica cosa di cui secondo me poteva aver bisogno in quel momento. Ho avuto il privilegio di vivere da giocatore i suoi primi 4 anni da allenatore: determinato, puntiglioso nel preparare le partite. Da subito ha cercato di migliorare i propri giocatori da un punto di vista sia tecnico sia mentale, puntando su un’eccellente preparazione atletica e instaurando un fondamentale rapporto con l’indimenticabile prof. Grandi. Il suo inglese fluente (cosa non da poco a quei tempi per un coach italiano) è stato determinante nel rapporto con gli atleti stranieri. Carismatico nonostante la giovane età, riusciva a farsi rispettare da tutti i componenti della squadra. E fu vincente da subito: questo ha dato ulteriore sicurezza alle sue idee e al suo credo come allenatore. Anni dopo, come dirigente, ho apprezzato e apprezzo Ettore per il suo modo di impostare il lavoro: è sempre molto esigente con se stesso, ma pretende egual impegno dai suoi collaboratori, di cui tiene in considerazione le opinioni in materia tecnica e di gestione del gruppo.

Sarò legato anche dall’affetto, ma è veramente difficile mettere in discussione un coach come lui e quando lo hanno fatto mi è sembrata la cosa più naturale del mondo dare le dimissioni immediate. Così ce ne siamo andati via insieme da Bologna, seguendo strade diverse. Per Messina si è trattato di un trampolino di lancio verso nuovi grandi successi e la sua consacrazione internazionale. L’estate scorsa ci siamo ritrovati in un breve ma intensissimo percorso con la squadra azzurra. Ho accolto con grande entusiasmo il suo invito a far parte dello staff della Nazionale: ho avuto ancora una volta la conferma di quanto il tempo non abbia scalfi to di una virgola il suo straordinario approccio al lavoro.

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Giganti # 4 (febbraio 2018) | Pagina 41

Roberto Brunamonti

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