“Orgoglio della scuola italiana”

“Orgoglio della scuola italiana”

Ettore Messina, l’antipersonaggio tutto sostanza e serietà, ha saputo raffinare le lezioni dei suoi grandi colleghi. E ha inventato un modello di successo da esportazione

Mettiamoli in fila uno accanto all’altro i migliori allenatori italiani, sotto la luce vivida di un riflettore. E ritraiamoci dietro a un vetro schermato. Sì, proprio come avviene per i riconoscimenti dei sospettati nei film polizieschi. In questo caso non dobbiamo indicare un colpevole, ma tentare di dare un nome alla loro grandezza. Ricercare la specificità di ognuno. Sembra facile in avvio: Rubini, la ferocia principesca; Gamba, austerità fatta magistero; Recalcati, la leggerezza; Bianchini, l’allenatore della parola; Peterson, il tecnico-pop; Scariolo, il Don Chisciotte che vince. Ma arrivati a Ettore Messina, entriamo in crisi: la definizione non arriva. E non possiamo cavarcela con una constatazione evidente: è il migliore di tutti per quanto riguarda i successi in carriera e la riconoscibilità nei due continenti-guida del basket. Presto dobbiamo arrenderci: Messina non è etichettabile e sembra sfuggire ad ogni categorizzazione.

Ed ecco la prima scoperta: non è necessario essere “personaggio” per mettere insieme una piccola valanga di titoli nelle più disparate situazioni tecniche, societarie e ambientali che definiscono le molte tappe di carriera di Ettore. Non sono indispensabili motti celebri o trovate più o meno estemporanee. Il bagaglio di Messina è pieno di arnesi di tutt’altro genere, pur in presenza di una cultura solida e di studi universitari completati. Sostanza, serietà, applicazione sono i biglietti da visita che convincono importanti interlocutori fin dai primi passi del tecnico. In più c’è subito un tocco di internazionalità e sprovincializzazione che farà presto la differenza: esprimersi in inglese fluente all’alba degli anni '80 allarga orizzonti e apre molte porte. Ettore si sente un cittadino del mondo nel vero senso della parola, un felice apolide: nato nel profondo Sud italiano, cresciuto in Veneto, radicato a Bologna, a suo agio a Mosca come a Madrid, Los Angeles, San Antonio. Prendendo il meglio da ogni esperienza. Parlare con lui è un privilegio perché sa trasmettere con generosità tutti i tesori cui ha avuto accesso.

Fra i suoi più illustri colleghi, Messina è sorprendentemente quello che più esercita l’autocritica e parla senza particolari problemi dei propri limiti: ne troverete molti esempi nelle interviste che seguono. Non sono vezzi da protagonista, ma un modo di viaggiare dentro se stesso. In questi casi si dice, un po’ frettolosamente, che il nostro uomo “non si prende molto sul serio”. Penso che per Messina sia proprio l’opposto: l’analisi del proprio modo di essere è un esercizio di profondità che va risolto anche se talvolta porta a risultati non trionfalistici. Serve a costruire il futuro. Questa tendenza all’introspezione viene scambiata spesso per carattere difficile, poco incline alle relazioni distese. Grave errore perché Ettore, nel corso del suo lungo viaggio, ha sempre messo in valigia rapporti umani solidi e veri, di cui va fi ero più che delle sue tante vittorie. E credo che proprio grazie a questi rapporti Messina abbia potuto uscire dalle dolorose trappole che la vita gli ha riservato.

Dal punto di vista tecnico, il protagonista di questo numero di Giganti è evidentemente l’evoluzione della specie: l’uomo che ha portato avanti e raffinato le lezioni dei suoi grandi predecessori e le ha applicate nei più diversi contesti. Un esploratore del basket, al servizio della vittoria, senza tuttavia sentirsene schiavo. La scuola italiana nella sua migliore espressione, capace di sbarcare nella terra dove questo gioco meraviglioso è stato inventato, l’America. Era quasi fatale, con le premesse cui abbiamo accennato, che la bandierina tricolore sulle cartine della Nba venisse piantata dall’ex ragazzo che Tonino Zorzi convinse a chiudere una problematica carriera di giocatore per aprirne un’altra non meno affascinante. Sì, tocca proprio a lui farci inorgoglire ogni volta che viene inquadrata la panchina di San Antonio: l’Italia nel mondo è merito, impegno, successo. 

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Giganti # 4 (febbraio 2018) | Pagina 5

Franco Arturi

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