L'Olimpia col cuore dei veterani piega una Virtus indomita
Sette vittorie casalinghe in altrettante partite nella serie scudetto più emozionante ed equilibrata delle ultime stagioni. Nell'atto conclusivo gli “highlanders” Datome ed Hines hanno ancora benzina a differenza di Belinelli e Teodosic. Rimpianto Virtus per la sconfitta di Treviso costata il primato della stagione regolare e il fattore campo nella bella
Milano impone il marchio dell'esperienza dei suoi veterani sullo scudetto numero 30. La dodicesima sfida stagionale tra EA7 e Segafredo, la settima nei 14 giorni dell'ultima serie tricolore così lunga ed estenuante, premia la forza mentale della formazione di Ettore Messina nella sfida infinita contro i bianconeri. Sette partite ed altrettante vittorie casalinghe, pur con un paio di upset sfiorati – in gara 2 la Virtus ha sciupato in lunetta con Shengelia e Hackett una rimonta da meno 13, nel quarto atto l'Olimpia è passata da meno 18 a più 2 gettando alle ortiche l'inerzia nel primo overtime – hanno deciso la stagione 2022/23 giocata sul filo dell'equilibrio tra le due grandi potenze della Serie A. E alla fine, Melli e compagni devono ringraziare Treviso ed Adrian Banks (con la contestazione agli atti di Sergio Scariolo) per quella vittoria nella penultima giornata della stagione regolare contro Bologna che ha di fatto regalato a Milano il primo posto in regular season. E in definitiva la serie scudetto.
Entrambe le squadre hanno faticato per tutto l'anno, complici i tanti infortuni – Pangos e Shields, ma anche Datome, per l'Olimpia; Shengelia, Ojeleye, Cordinier e lo stesso Teodosic a tratti per la Virtus – che ne hanno condizionato il rendimento. Ma poi in finale entrambi gli allenatori avevano il roster al completo, blindando le rotazioni senza turnover e con sette stranieri (Mitrou-Long, Davies, Pangos e Thomas per Milano; Weems, Lundberg e Bako per i bianconeri) stabilmente in tribuna per tutte e 7 le gare della serie. Nelle quali Milano ha trovato canali e protagonisti diversi per le 4 vittorie scudetto: l'eroe di Gara 1 è stato Shabazz Napier, che nell'unico match scintillante dell'attacco lombardo ha diretto da Oscar la manovra tra punti costruiti per gli altri e segnati per sé. Nel secondo atto è stato Shavon Shields l'artefice del successo più sofferto tra le 4 gare vinte al Forum, con un finale da campionissimo che ha scacciato gli ultimi spettri del lungo stop per infortunio durante autunno e inverno.
Poi, dopo le due sconfitte a Bologna, Ettore Messina ha cambiato l'assetto dello starting five, passando da una taglia speedy ad una taglia big con Gigi Datome per Billy Baron. Il primo beneficio del rilancio del capitano dell'Italbasket è stato indotto: in Gara 5 l'Olimpia non ha più vissuto di sole triple – nel bene e nel male – ma ha cercato con molto più profitto ed efficacia il gioco interno. È stata l'unica gara della serie nella quale il baluardo difensivo Nik Melli è riuscito ad essere fattore anche in attacco. Poi in Gara 7 l'ala di Olbia ha fatto la differenza nel modo che gli riesce meglio: sospensioni velenose dall'arco e giocate di tecnica dentro l'area, pur con qualche soluzione inedita (“Quando Hines mi ha visto schiacciare a due mani mi ha detto: è fatta, abbiamo vinto” ha chiosato il giocatore del 1987).
Al contrario la Virtus ha imposto la legge del suo vigore atletico in tutte e tre le vittorie della Segafredo Arena, in particolare nel sesto atto con le spalle al muro, con Hackett e Cordinier devastanti sui due lati del campo. In precedenza, tanto Belinelli e solo qualche spruzzata di Teodosic, che ha steccato clamorosamente Gara 5: nel complesso Bologna ha perso il duello dei lunghi – e il rammarico per lo squilibrio della distribuzione degli italiani nel roster, tutti sul perimetro e nessuno sotto canestro, è tornato nelle parole di Sergio Scariolo della conferenza stampa di martedì 27 giugno – e ha tirato complessivamente troppo male dall'arco per riuscire a sbancare il Forum. In casa propria, al netto della spina staccata nel quarto periodo di Gara 4, ha invece saputo mettere stabilmente in difficoltà Milano esprimendo un basket solido e concreto. Che però non è bastato per conquistare lo scudetto: il grande sforzo compiuto in Gara 6 per annullare il primo match ball dell'Olimpia, sommergendola alla distanza grazie ad una aggressività difensiva feroce, è stato pagato caro nel settimo atto. Dove a scapito di tutti i discorsi relativi a fatica e stanchezza, la differenza in casa milanese l'hanno fatta i due giocatori più avanti con gli anni.
Detto di Datome, votato MVP delle finali per la clamorosa Gara 7 nella quale ha unito bottino offensivo ad una maiuscola prova difensiva sul peggior Belinelli della stagione, anche Kyle Hines ha ritrovato l'impatto perduto nelle gare precedenti, complice anche un problema alla spalla sinistra nel quarto atto. Ma il centro statunitense può legittimamente ambire ad una foto a fianco della parola “vincente” nel dizionario, visto il decimo titolo nazionale conquistato nelle 11 finali disputate dal 2012 ad oggi (due in Germania e 6 in Russia prima della doppietta a Milano; l'unica finale persa, tolto lo stop per Covid del marzo 2020, è stata quella del 2020/21 con la Virtus). Nella bella è stato “Sir Kyle” l'architrave difensiva dell'Olimpia dopo i 2 falli in 4’ di Nik Melli; dunque gli “Highlanders” lombardi classe 1986 e 1987 hanno bruciato l'ultima stilla di energia per avere ragione dei pari età Teodosic e Belinelli, giunti senza più benzina nel motore.
In sette partite giocate in 14 giorni i protagonisti hanno dato tutto e anche di più; al di là di chi ha vinto e chi ha perso, ci hanno regalato emozioni, equilibrio e duelli mai banali. Come da anni non accadeva in queste finali...
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Superbasket # 62 (luglio-agosto 2023) | Pagina 6-10