Un mito chiamato pallacanestro
Credevamo che il basket fosse solo uno sport impagabile da giocare e appassionante da tifare. Che l’entusiasmo per Melli e LeBron, Pozzecco e Curry e le nostre squadre del cuore rappresentasse tutto. Non è poco, certo, anche perché questo amore, talvolta febbrile, lo condividiamo con decine, forse centinaia, di milioni di persone nel mondo. E tuttavia, la pallacanestro è molto di più.
Queste pagine, che celebrano il 45° compleanno di una testata storica come Superbasket e la mostra di Pesaro che ne è la naturale trasposizione fisica, rappresentano prove tangibili di un’altra dimensione, non meno emozionante dei canestri dei nostri beniamini di oggi. In realtà non esiste nulla di più incontrovertibile, certo ed emotivamente denso del nostro passato. Tanto più in un momento storico in cui restiamo per ore al giorno chini su un display, che ci bombarda di notizie affastellate, fake news, tempi sospesi nel nulla. E così, acquista valore tutto ciò che ci conduce in uno spazio più autentico. Anche il basket e le sue radici, che qui scopriamo e riscopriamo, sanno riportarci a luoghi dell’anima che meritano di essere più frequentati. Molto deludente vederli relegati in un vecchio baule impolverato che nessuno apre da tempo immemorabile. Perché sono il nostro cammino e la nostra storia, ben più importanti di una vittoria di qualunque anello, coppa o campionato.
E poi, sorpresa, si portano alla luce di rapporti incredibili fra la via del basket e quella della Storia con la S maiuscola. Un percorso che tocca argomenti socialmente vitali, come il razzismo e l’uguaglianza dei generi, i temi religiosi e quelli sociali, gli aspetti tecnici e l’evoluzione del gioco, oltre ad un’infinità di vicende individuali belle come fiabe. Proprio così: se un insegnante di buona volontà volesse impostare un corso di educazione civica sfruttando le vicende di questo sport e della sua nascita, potrebbe farlo con facilità. E, crediamo, riuscendo ad avvincere molto di più i suoi studenti. Udine, la città dove sono sportivamente cresciuti Alberto Cecere e Giampiero Hruby, i due inventori della formula dei “Tesori della memoria”, è un punto d’Italia estremo, geograficamente e culturalmente proiettato verso l’Europa continentale e i Balcani. Forse questo imprinting naturale spiega l’internazionalità di una raccolta di cimeli con pochissimi eguali nel mondo. Oggi li possiamo finalmente ammirare, talvolta toccare, grazie a decenni di lavoro entusiasta.
Impossibile non commuoversi di fronte alla tuta di Petrovic; non identificarsi nella lotta di donne secolarmente messe in un angolo; non sorridere nello scoprire vecchie scarpe o i primi cronometri; non ammirare la capacità di riscatto degli ex schiavi afroamericani; non rileggere le “tavole della legge” del fondatore Naismith; non ascoltare le favole di eroi antichi e dei loro gesti di umana grandezza; non sfogliare con stupore quasi infantile questo album infinito che rimanda non tanto ad un’età dell’oro, quanto alla nascita di un mito chiamato pallacanestro.
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Superbasket # 61 (maggio-giugno 2023) | Pagina 82