Basket scolastico, una fabbrica di favole

Basket scolastico, una fabbrica di favole

Sport per studenti fin dalle origini, negli USA il basket si esalta nelle competizioni per licei e università, fino a generare storie da film, come il celebre “colpo vincente”. E il paese impazzisce per la “March Madness”

Fin dalle origini, gli studenti sono gli attori protagonisti della pallacanestro. Con il passare degli anni proliferano molte leghe amatoriali, strutturate, professionistiche o squadre che girano di Stato in Stato sfidando le squadre locali. Ma è proprio nel mondo della scuola che il basket USA trova il terreno più fertile per piantare le sue profonde radici. Le “Final Four” della NCAA (National Collegiate Athletic Association) sono tutt’ora un avvenimento che coinvolge, anche emotivamente, un numero straordinario di americani e non solo. Il torneo, nato nel 1939 e vinto per la prima volta dalla Oregon University, cerca di competere con un altro famoso appuntamento, il NIT (National Invitation Tournament), che si svolge a New York nel tempio del basket di allora, il Madison Square Garden. Non per niente la fase finale del torneo NCAA, con il suo infinito intreccio di scontri a ripetizione, viene chiamata “March Madness”, la follia di marzo. Suggestivi anche i “nickname” delle squadre, alcuni circondati da un alone di mistero come nel caso degli “Hoosiers” di Indiana University. Un termine che indica proprio i nativi di quello Stato.

Giocare per la propria “Alma mater” rappresenta un grande privilegio, ma lo è altrettanto supportare la squadra nelle vesti di una cheerleader, di un componente del gruppo musicale scolastico o di un semplice tifoso. Questa pallacanestro racconta storie e personaggi incredibili: è il caso della famosa finale dei licei dello Stato dell’Indiana del 1954, che ha messo di fronte la Milan High School, un piccolo istituto con soli 161 iscritti, e i Bearcats della ben più grande Muncie Central. In una partita a basso punteggio, fatta di molto possesso come d’abitudine in quegli anni, la spunterà la Milan per 32-30 con il tiro vincente negli ultimi secondi di gioco di Bobby Plump, che lo consacrerà per l’eternità nel grande libro della pallacanestro dell’Indiana. A fine carriera Plump aprirà un ristorante chiamandolo naturalmente “The last shot”. La storia di questa partita ha ispirato il film di grande successo “Colpo vincente” (il titolo originale è “Hoosiers”), con Gene Hackman nella parte del coach della Milan High School. 

La pallacanestro italiana negli anni del boom, quella fra i ’60 e i ’70, veniva considerata da alcuni uno sport “snob”, proprio per l’elevata scolarizzazione degli atleti che arrivavano da oltreoceano, oltre che del pubblico stesso. Tuttavia, in una situazione ideale, la scuola dovrebbe non solo consentire, ma agevolare la pratica sportiva, anche di alto livello. E non soltanto per la ricerca di nuovi campioni, ma anche per perseguire obiettivi di inclusione, integrazione e sana socializzazione tra i ragazzi. Si tratta di cultura allo stato puro. In Italia il basket ha compiuto evidenti progressi sul piano tecnico e atletico, ma nel nostro Paese continuiamo a registrare un forte ritardo nel rapporto fra lo sport in generale e la scuola. L’insegnamento dell’educazione fisica è carente sia in senso quantitativo che qualitativo, e i docenti qualificati sono in numero insufficiente nelle scuole di ogni ordine e grado per garantire un corretto vissuto motorio dei ragazzi. I nostri figli una capriola la sanno fare?

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Superbasket # 61 (maggio-giugno 2023) | Pagina 62

Redazione Superbasket

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