Le All American Red Heads: donne da leggenda
Nate del 1936 come una delle prime squadre di professioniste, questo gruppo di pioniere ha alle spalle una storia di trovate di marketing, bravura, successo ed emancipazione sociale
Le All American Red Heads sono una delle prime squadre professionistiche di basket femminile. Nascono nel 1936 a Cassville, Missouri, da un’idea di C.M. “Ole” Olson, ex giocatore e allenatore, e di sua moglie Doyle. Dall’inizio degli anni ’20, Olson è già proprietario di una squadra maschile con cui gira di città in città sfidando formazioni locali. È il cosiddetto barnstorming, il modo in cui gli americani chiamano iniziative propagandistiche di vario genere. Sua moglie Doyle possiede dei saloni di bellezza tra il Kansas e il Missouri e, visto il successo del team maschile, la coppia decide di replicare l’iniziativa con una squadra femminile: proprio dall’attività di Doyle e dalla caratteristica tinta rossa dei capelli delle ragazze, nascerà il popolare nickname.
Si tratta di un fatto straordinario per l’America dell’epoca: siamo nel 1936, le donne hanno limitate possibilità e il basket non è tra queste. Basti pensare che il diritto di voto era arrivato solo 16 anni prima e che solo nel 1972, con il famoso Titolo IX degli Emendamenti sull'Istruzione, verrà garantita l’equità di genere nell’ambito di qualsiasi programma educativo o attività che riceve assistenza finanziaria federale, incluse le diffuse e importantissime borse di studio delle università per meriti sportivi. Come ricorderà Tammy Harrison, figlia di Orwell e Lorene Moore, allenatore e giocatrice delle Red Heads, all’epoca è considerato “socialmente inaccettabile e fisicamente impossibile per le donne correre su e giù per il campo, sudare e competere”. Ma contro tutti questi pregiudizi nascono le Red Heads: con i loro caratteristici capelli rossi e le divise coordinate, riusciranno nell’impresa di divertire, giocare un’invidiabile pallacanestro e sfidare i tabù.
C.M. Olson le allena, condivide tutti i trucchi che conosce e organizza le partite contro squadre maschili: un grande passo nella lotta per l’emancipazione. La fama delle All American Red Heads cresce a livello locale e poi nazionale: in media giocano 200 partite l’anno, intrattenendo il pubblico durante l’intervallo con esercizi di ball handling, sfoggiando una tecnica degna degli Harlem Globetrotters, Globetrotters, abilità che mostrano anche durante i match, imitandone a tratti anche lo spirito circense. Voleranno fino in Messico, in Canada e nelle Filippine. Il successo è tale che le squadre in tour diventano due e poi tre.
Nel 1948 Orwell Moore inizia ad allenare e qualche anno dopo rileverà la squadra. Sua moglie, Lorene “Butch” Moore, diventa una leggenda delle Red Heads: in 11 anni segna 35.426 punti. La squadra si scioglie nel 1986 e nel 2012 viene introdotta nella Naismith Hall of Fame di Springfield. Tammy Harrison terrà un commovente discorso durante la cerimonia: “Voglio ringraziare i miei genitori per aver promosso, amato, vissuto e rispettato il gioco della pallacanestro e per aver infranto delle barriere. Le donne hanno rifiutato la visione per cui il basket era solo una questione maschile sin dall’inizio: le Red Heads entusiasmavano gli spettatori con dei passaggi fantastici, un ball handling incredibile, divertenti espedienti e soprattutto con una pallacanestro favolosa”.
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Superbasket # 61 (maggio-giugno 2023) | Pagina 38-39