100 regole per allenare il Basket
Questo è il primo episodio di una serie di puntate nelle quali spiegherò quali erano le mie idee e le mie regole per allenare una squadra di pallacanestro
Durante la mia carriera come allenatore di basket, le mie idee si sono… evolute. Ogni anno prestavo più attenzione ad evitare infortuni. Difficile vincere se i migliori giocatori sono KO. Pensavo: “Non posso fare nulla per evitare un infortunio di contatto. Ma non voglio perdere un giocatore per una cosa che si poteva evitare”. Quindi, ho sviluppato un programma di allenamento che aumentava l’intensità del lavoro fino ad arrivare alle situazioni 5-contro-5. In tutto ciò, volevo i giocatori RISCALDATI. Più avanti parlerò di situazioni in partita. Cioè, uno che entra ‘freddo’ dalla panchina. Ovvio, è una situazione delicata: da seduto a piena corsa. Per il momento, però, parlo dell’allenamento.
“Verticale”
Avevo sempre squadre di 10 uomini (non 12, come oggi). Ma ho fatto allenamento con 10 + 2 Juniores. All’inizio dell’allenamento, dicevo: “Verticale!”. Ogni giocatore aveva un pallone. Andava da un canestro all’altro in palleggio, poi un tiro: terzo tempo, arresto-tiro, non importa. Tutto in scioltezza. Così toccavano la palla subito, cosa che piaceva a loro. Facevamo ‘Verticale’ per cinque minuti. Così ogni giocatore poteva correre, palleggiare, tirare, fare le cose che facevano in gara. Dicevo: “Non voglio tiri cattivi. Lavora con tiri che userai in partita”. Quindi, gli esterni tiravano da fuori e i lunghi da più vicino al canestro. Entrambi facevano il terzo tempo ogni tanto. Uno potrebbe chiedere: “Perché non fare il classico esercizio con due file che fanno il terzo tempo?”. Non sono grande tifoso di quell’esercizio perché molti giocatori non fanno le cose come in partita. Poi, alcuni vanno al rallentatore. Anzi, dicevo: “Niente tiri strani. Non siamo funamboli qui”. Con ‘Verticale’, ogni giocatore era responsabile per sé stesso, professionalmente. Poi, ognuno con un pallone, facevano più tiri nello stesso spazio di tempo. Poi, era anche un modo per creare ‘interazione sociale’, perché il basket è uno sport ‘sociale’, di squadra. Comunque, era la primissima fase di un buon riscaldamento nonché un’occasione per saldare i rapporti fra i giocatori. Si chiama ‘bonding’.
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Superbasket # 57 (giugno-luglio 2022) | Pagina 82