Conservazione del fuoco sacro, non venerazione delle ceneri
Alla scoperta di un uomo, Alberto Cecere, udinese, classe 1958 e di una sfrenata passione prima per il basket giocato e poi per il collezionismo di memorabilia di ogni tipo e provenienza. Per arrivare a una raccolta di estrema preziosità. “Tutto è nato da un polsino arancione di un giocatore della squadra della mia città: non me lo toglievo mai. Negli anni '80, con i primi contatti americani, la svolta”. I cimeli più ambiti quelli di Bird, Oscar, Galis e naturalmente Drazen Petrovic
“La tradizione non è venerazione delle ceneri, ma conservazione del fuoco sacro”: Alberto Cecere, classe 1958, ha fatto sua questa frase del compositore austriaco Gustav Mahler riportata spesso da Valerio Bianchini per spiegare il senso della sua attività, che l’ha portato ad essere fra i più noti collezionisti di cimeli cestistici del mondo. Un passato nelle minors friulane, Alberto è considerato una “leggenda” dei playgrounds udinesi che frequenta ancora assiduamente pur alla soglia dei sessant'anni. La sua collezione è una delle più grandi raccolte di basketball memorabilia, può contare su oltre 1.000 uniformi, tutte rigorosamente usate (e talvolta autografate) dai campioni di ogni continente, e abbraccia un orizzonte temporale che parte dalle origini di questo sport fino ai giorni nostri. L’unicità di questa collezione è la varietà: non solo uniformi, infatti, ma anche scarpe, palloni, trofei, gagliardetti, libri, foto, autografi, poster e molto altro. Tutti questi cimeli intercettano varie categorie: NBA, ABA, College, leghe minori, donne, arbitri, Harlem Globetrotters, All Star Game, squadre nazionali e di club con particolare attenzione ai club italiani e alla squadra azzurra.
Come è nata la passione per il basket?
Come molti ragazzi della mia generazione, l’oratorio ha rappresentato un vero parco divertimenti dove noi giovani trascorrevamo gran parte delle nostre giornate. A volte tiravamo a canestro con qualsiasi oggetto in attesa che arrivasse l’unico fortunato che aveva il pallone. Le retine erano un lusso che non potevamo permetterci. Neanche il calare della sera ci fermava, un’auto con i fari accesi puntati verso un canestro ci permetteva di continuare le sfide fino a tardi. Estate o inverno, pioggia o sole eravamo sempre li.
Come collezionista quando ha iniziato?
Forse sono un predestinato. Ricordo che il primo cimelio è stato un polsino arancione “sfilato” ad un giocatore della squadra della mia città durante i festeggiamenti post gara. Lo indossavo sempre, anche sotto la camicia bianca quando la domenica andavo a messa. Ma è stato negli anni ‘80, mentre mi dilettavo in una ricerca sui loghi e sui nicknames delle squadre americane, che mi sono imbattuto in un dealer di memorabilia sportive del Wisconsin. È iniziato un fitto scambio di corrispondenza, ricevevo regolarmente dei ciclostilati dove venivano descritte minuziosamente le uniformi dei vari sport che metteva in vendita. Mi si è aperto un mondo e così ho acquistato la mia prima maglia (i prezzi allora erano accessibilissimi). Da quel momento sono diventato un raccoglitore seriale di tutto ciò che era legato al basket, quasi a voler comporre un puzzle che rappresentasse al meglio la storia di questa disciplina. L’avvento di Internet ha reso poi tutto più semplice.
Esistono altre collezioni come la sua?
Per qualità, quantità e varietà degli oggetti che la compongono direi di no, escludendo gli Stati Uniti, dove però l’interesse è focalizzato solo sul basket a stelle e strisce. In Italia conosco alcune persone specializzate nella raccolta di maglie di specifici club mentre fuori confine i collezionisti i più attivi sono gli spagnoli e greci ma si stanno affacciando sul mercato i collezionisti dell’est Europa, in prevalenza lituani, russi e della ex Jugoslavia. È bene però ricordare il primo museo del basket, ideato da Giorgio Chimenti negli anni ’50. Alla morte di Chimenti due grandi appassionati, Gianluca Mascagni e Vincenzo Buchignani (marito della Hall of Fame Lidia Gorlin), coadiuvati da altri amici toscani della pallacanestro, hanno salvato da morte certa parte di questo patrimonio incredibile di cimeli (soprattutto materiale fotografico). Con il Museo del Basket di Lucca è nata ormai una stretta collaborazione che ha permesso di dare ancora maggior lustro alla collezione. Altro incontro fortunato è stato quello con Paolo Bianchi (ex giocatore e capitano dell’Olimpia Milano) il più grande collezionista di pins e distintivi della nostra pallacanestro.
Dove si possono ammirare questi cimeli?
Non esiste una location fissa, si può ammirare tutto o in parte in occasione di eventi cestistici. Il primo ad intuire l’interesse che avrebbe potuto suscitare questa collezione è stato Claudio Bardini (già allenatore a livello nazionale e attuale Presidente Provinciale FIP Udine) che mi ha fatto esporre per la prima volta le divise durante una premiazione di alcuni personaggi di spicco del basket friulano. Sono seguite diverse esibizioni al Torneo delle Regioni e altri tornei giovanili, poi la collaborazione con la FIP per i 90 anni dalla nascita della federazione con l’allestimento di un museo su un bellissimo pullman multimediale che si è fermato lungo diverse città della penisola. Poi ancora partite internazionali della squadra azzurra e premiazioni dell’Italia Basket Hall of Fame.
La collezione ora è abbinata al prestigioso marchio Superbasket: un valore aggiunto. Quando e come nasce questa collaborazione?
Nell’autunno del 2015 Giampiero Hruby (con il quale giocavo sui campetti di Udine tra il 1975 e il 1980), fondatore e proprietario della J and J Company, mi contatta dopo molti anni e mi presenta l’opportunità di contribuire all’evento organizzato il 6 marzo 2016 dall’Olimpia Milano per celebrare gli 80 anni della società. Giampiero aveva visto la mia collezione nel 2013 a Udine in occasione delle finali nazionali maschili Under-19. L’esposizione della più gloriosa società di basket italiana è piaciuta al punto che, il giorno dopo la riuscitissima cerimonia, il club, in collaborazione con il partner BMW, ci ha chiesto di spostare tutto in centro a Milano in occasione dell’inaugurazione di una nuova concessionaria del marchio tedesco per un paio di settimane. Al termine con Giampiero abbiamo costruito una collaborazione sotto il marchio Superbasket.
Poi dopo gli 80 anni Olimpia a fine giugno c’è stato il Camp estivo di Tarvisio.
A Tarvisio, in provincia di Udine, durante la SB Summer School con Dan Peterson, ho avuto l’opportunità di incontrare, una sera dopo cena, tutti gli iscritti e raccontare loro alcune storie legate a dei rari cimeli che avevo portato con me. Poi il giorno seguente abbiamo fatto indossare ad ogni partecipante una canotta da gioco dell’NBA. Ma la cosa più curiosa è stata vedere il Coach Dan Peterson distendersi sul parquet per dimostrare a tutti la tecnica del tiro: a 80 anni compiuti è veramente un fenomeno più unico che raro.
In mezzo c’è stata la mostra a Torino con Del Piero.
Una bellissima esperienza. In questo caso va ringraziato Renato Pasquali (attuale GM a Forlì, in A2, ndr) che in quel periodo lavorava a Torino. Pasquali aveva visto la mostra di Udine del 2013 ed era a conoscenza di un progetto simile di Alessandro Del Piero. Poi, insieme a Giampiero, abbiamo definito una partnership con le persone che collaborano con il grande calciatore che inizialmente doveva durare un paio di mesi, salvo poi prolungarla per altri 90 giorni. A Torino, nei locali di ADPlog, i visitatori potevano ammirare da un lato le splendide foto di Salvatore Giglio scattate a Del Piero (erano immagini legate al mondo del calcio in particolare della Juventus) e nel lato opposto i cimeli del basket, la grande passione della leggenda del nostro calcio. Desidero poi sottolineare che, anche in quell’occasione, abbiamo riservato uno spazio per onorare e promuovere il basket in carrozzina e il baskin, unico sport al mondo pensato per consentire a giocatori con disabilità (fisica e/o mentale) e a giocatori senza disabilità, maschi e femmine, indipendentemente dal livello di abilità, età, sesso, di giocare a basket sullo stesso campo e nello stesso tempo.
Deve essersi fatto una gran cultura sulla pallacanestro?
In effetti il mio interesse non si limita alla raccolta di cimeli ma si allarga alla storia di questa disciplina, alle modifiche del gioco e dei regolamenti, allo studio sull’evoluzione delle attrezzature e dell’equipaggiamento, alla filosofia che è stata alla base della nascita e della sua straordinaria diffusione oltre ad approfondimenti di carattere sociale ed economico. Ho tenuto alcune “lezioni” alla Facoltà di Scienze Motorie e in altri istituti scolastici oltre a collaborare con alcune riviste specializzate e a fornire un aiuto per la stesura di libri o tesi di laurea.
Quali sono i pezzi più pregiati?
Io sono legato a tutto, anche ad un adesivo di una società minore ma naturalmente ci sono alcuni i pezzi per i quali vengo contattato più spesso, sono quelli di Larry Bird, Oscar Schmidt, Nikos Galis e naturalmente Drazen Petrovic. A proposito di Petrovic, durante un’esposizione ad un torneo giovanile a Pesaro, sono rimasto molto colpito nel vedere giovani giocatori di una squadra croata che dopo aver toccato la sua tuta autografata si portavano la mano sul cuore. Ci sono anche reperti molto rari come due dei primissimi orologi dei 24 secondi introdotti nella NBA o la divisa delle All American Red Heads.
Il pezzo che vorrebbe avere?
Una maglia di Kresimir Cosic che considero il più forte giocatore europeo di tutti i tempi.
Oltre ai cimeli, la collaborazione con l’editore di questa rivista permette di poter disporre di un numero incredibile di foto e diapositive degli anni '60, '70, '80 e '90.
Si tratta di un patrimonio unico, un archivio infinito. Ci sono immagini di grandissimi personaggi del basket italiano in età giovane: a volte anche noi fatichiamo a riconoscere il personaggio in questione. Questo archivio di circa 500.000 (cinquecentomila) immagini tra foto e diapositive completa nel modo migliore possibile la mia collezione.
Ringraziamenti particolari?
La lista sarebbe lunghissima e non vorrei fare torto a nessuno. Ho avuto la fortuna di conoscere personalmente i grandi protagonisti della pallacanestro, cito per tutti Paolo Vittori, uno dei più forti giocatori italiani di sempre, “figlio” della grande scuola goriziana e messaggero di tutti quei sani valori, non solo sportivi, che distinguono i campioni che hanno fatto grande lo sport nel nostro Paese. Sebbene gran parte della collezione sia stata portata avanti da me con notevoli sacrifici, anche economici, non sarebbe mai diventata quella che è oggi senza le decine di oggetti donati da giocatori, arbitri, allenatori, dirigenti o semplici appassionati verso i quali il mio senso di riconoscenza è davvero altissimo.
Appassionato, divulgatore, storico, in sintesi questo è Alberto Cecere “archeologo” di primo piano del gioco della Pallacanestro.
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Superbasket # 57 (giugno-luglio 2022) | Pagina 66-74