Ginevra 1935, I edizione
Possiamo tutti considerarli degli eroi. Erano in nove – otto giocatori più l’allenatore – coloro che nel maggio del 1935, a Ginevra, rappresentarono l’Italia nella prima edizione del campionato europeo maschile di basket. Uno di questi, però, eroe lo sarebbe diventato davvero, cadendo per la Patria su un campo di battaglia. Si chiamava Ezio Varisco, era nato a Trieste, ed era cresciuto in uno di quei pochi vivai cestistici che alimentavano, a quei tempi, lo sport della palla al cesto. Con la Ginnastica Triestina aveva vinto i campionati del ’32 e del ’34 (gli anni della continua alternanza degli scudetti con la Ginnastica Roma), e già nel ’31 – a soli 17 anni – aveva vestito la maglia della Nazionale (azzurra con scudo crociato sul petto, lato cuore) in una partita contro la Cecoslovacchia.
Per il debutto svizzero del torneo continentale, Attilio De Filippi, il coach triestino prescelto come selezionatore, ebbe un occhio di riguardo nei confronti dei suoi ragazzi: ne convocò quattro su otto, e Varisco faceva parte del gruppo, assieme a Egidio Premiani, Emilio Giassetti e Bruno Caracoi; triestino pure Livio Franceschini, che nel ’35 si era trasferito alla Ginnastica Roma, facendo pendere la bilancia da quella parte; poi Giancarlo Marinelli, punto di forza delle emergenti «V nere» bolognesi, Sergio Paganella, della Borletti Milano, e il napoletano Gino Basso, a ricordare che c’era anche un Sud.
Ezio Varisco – così lo descriveva un giornale dell’epoca – era «alto, asciutto nella sua muscolatura, inesauribile per riserva di fiato e di energie», in grado di esibire «un gioco personalissimo, fatto di scatti, di salti, impostato sulla velocità e altamente redditizio»; persino la «spola continua tra difesa e attacco» (non ancora pienamente assimilata nel metodo abituale di gioco) gli veniva riconosciuta come una qualità sua particolare. Fu tra i protagonisti di quel primo campionato europeo, così come di altre competizioni nazionali negli anni seguenti (militò anche nella Lazio), fino a quando lo scoppio della Seconda guerra mondiale lo costrinse a cambiare casacca e campi d’azione.
Divenne pilota dell’aviazione militare, con compiti di siluratore e bombardiere, trasferendo così tra i cieli il suo dinamismo e sostituendo il canestro con gli obiettivi strategici nemici. In terra d’Africa, anzi nel mare che la bagna, ne attaccò diversi di incrociatori, tanto da meritarsi una medaglia d’argento e una di bronzo (parliamo ovviamente di quelle al valor militare), più una croce, un nastrino trapunto di stellette e una «bomba d’oro» che stava a indicare il numero di azioni di guerra compiute: più di cento! Aveva anche assaporato la gioia di una promozione sul campo, da maresciallo a sottotenente, quando il 24 novembre del 1942 la sua corsa arrembante si arrestò di colpo sui cieli della Libia: uno schianto, una fiammata, si consumava in un attimo il sacrificio di un vero eroe. Aveva appena 28 anni; lasciava la moglie (una campionessa di nuoto) e due figli, di 7 e 2 anni. Le sue spoglie giacciono ancora là, a Bari, nel Sacrario Militare dei Caduti d’Oltremare.
L’idea di un campionato europeo – torniamo all’evento sportivo – era venuta nel 1933 a Leon Buffard, il presidente svizzero della neonata FIBA (Federation Internazionale de Basket-ball Amateur); ma due anni dovettero trascorrere prima che il numero dei paesi partecipanti diventasse congruo, e che si trovassero i soldi. A Ginevra si presentarono dieci squadre, che citiamo in ordine alfabetico, visto che ancora non si era stabilita alcuna gerarchia: Belgio, Bulgaria, Cecoslovacchia, Francia, Italia, Lettonia, Romania, Spagna, Svizzera, Ungheria.
La Nazionale italiana era ufficialmente nata il 4 aprile del 1926, a Milano; esordio bagnato da una vittoria, 23 a 17 in una amichevole contro la Francia, poi battuta anche l’anno dopo a Parigi con punteggio quasi identico (22 a 18). Poche altre apparizioni negli anni seguenti, tra cui una con la Svizzera nel 1930, che fruttò un’altra memorabile vittoria. Ironia della sorte, sarebbero state proprio queste due avversarie a infliggerci le sole due sconfitte in quella prima edizione degli Europei, sufficienti peraltro a relegarci al settimo posto della graduatoria finale. Trattandosi di un debutto, il risultato fu considerato senza infamia; e con una sola lode, quella di avere permesso la qualificazione alla prima edizione del torneo olimpico di basket, che si sarebbe disputato a Berlino l’anno dopo, sotto gli occhi compiacenti dell’inventore del gioco, il canadese James Naismith, e quelli un po’ più perfidi del fürher tedesco, Adolf Hitler.
La partita d’esordio del 2 maggio, all’Exhibition Hall di Ginevra, sembrò in verità promettere traguardi più alti: 42 a 23 alla Bulgaria, con ben 32 punti di Franceschini (che evidentemente aveva precisi compiti di… attaccante!). Una strana formula, però, costrinse la nostra Nazionale a spareggiare con la Svizzera, prima di poter accedere a quelle semifinali in cui, invece, approdarono subito altre tre squadre vincenti il primo incontro. E con i padroni di casa, dopo un primo tempo equilibrato (15 a 15), ci fu il tracollo che compromise tutto: 17 a 27 alla fine. Ci vollero due partite per rialzarsi.
Nella prima ci si dovette inchinare alla Francia (29 a 27), poi per fortuna ci toccò nuovamente la Bulgaria, che sapevamo come battere: 35 a 22 stavolta, ma in palio ormai c’era solo il settimo posto. La medaglia d’oro, la prima nella storia degli Europei, andò alla Lettonia, lo stato baltico che riuscì a essere protagonista nel basket prima che la sua identità fosse oscurata dall’Unione Sovietica. I cestisti lettoni furono definiti «travolgenti nella loro manovra, per quanto deficitaria dal punto di vista tecnico…». In finale fu battuta la Spagna (24 a 18), rappresentativa che entrava in scena praticamente per la prima volta. Per il terzo posto fu la Cecoslovacchia a spuntarla sulla Svizzera, che dopo averci eliminato avrebbe conosciuto solo sconfitte. Poi nell’ordine Francia e Belgio; dietro l’Italia il resto dell’Est: Bulgaria, Ungheria e Romania.
Miglior realizzatore del torneo risultò uno dei nostri, quel Franceschini che aveva siglato l’exploit nella partita d’esordio, e che poi continuò a centrare il canestro con buona continuità: 68 punti in totale, 17 di media; in tempi in cui non si arrivava quasi mai a 50 nel punteggio finale (a Ginevra ci riuscì solo una volta la Francia, con la Romania giunta ultima) erano numeri da record. Tra quei nove italiani che andarono a Ginevra, forse il vero eroe – quello sportivo – fu proprio lui!
PIAZZAMENTO DELL'ITALIA 7° POSTO
IL ROSTER: Livio Franceschini, Egidio Premiani, Sergio Paganella, Bruno Caracoi, Emilio Giassetti, Giancarlo Marinelli, Gino Basso, Ezio Varisco, All. Attilio De Filippi
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Giganti # 10 (agosto 2022) | Pagina 8